di Tiziana Mazzaglia
Tra le corde di una chitarra e il silenzio di una poesia, Massimo Germini tesse la sua arte. Nato nella Milano degli anni ‘60, è divenuto ben presto un artigiano del suono: chitarrista, compositore, arrangiatore e produttore discografico. Oltre alla chitarra, suona strumenti a corda della tradizione popolare italiana e straniera, come mandolino, mandola, bouzouki, charango e liuto cantabile. Nel 2002, Germini ha iniziato una collaborazione con Roberto Vecchioni durante il tour dell’album “Il lanciatore di coltelli”, che prosegue tutt’oggi sia in ambito concertistico che didattico, con attività presso l’Università di Pavia. Nel 2021, ha pubblicato l’album “Qualcosa di Familiare”, in cui interpreta per la prima volta le sue canzoni, scritte in collaborazione con Michele Caccamo. Il brano che dà il titolo all’album vede la partecipazione di Roberto Vecchioni. Nel 2022, Germini ha collaborato con Paolo Marrone alla realizzazione di un album tributo a Vecchioni, reinterpretando tredici brani del cantautore in una veste minimale, con chitarra e voce. Il progetto ha visto anche la partecipazione di Mauro Pagani all’armonica. Oltre alla collaborazione con Vecchioni, Germini ha lavorato con numerosi artisti, tra cui Grazia Di Michele, Rossana Casale, Kaballà, Nicola Di Bari, Van De Sfroos, Susanna Parigi, Cecilia Chailly e Giorgio Faletti. Ha partecipato a importanti eventi musicali e televisivi, tra cui il Festival di Sanremo 2011, dove si è esibito con Vecchioni nella serata dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia. Ha partecipato a progetti teatrali e musicali con la poetessa Alda Merini e ha contribuito a colonne sonore cinematografiche, come “Il cosmo sul comò” di Aldo Giovanni e Giacomo. Nel 2021, ha pubblicato l’album “Qualcosa di Familiare”, in cui interpreta per la prima volta le sue canzoni, scritte in collaborazione con Michele Caccamo. Il brano che dà il titolo all’album vede la partecipazione di Roberto Vecchioni. Massimo Germini è un artista che ha saputo intrecciare le corde della sua chitarra con le parole dei poeti, creando un tessuto musicale che abbraccia l’anima e racconta storie di vita, amore e passione.
Intanto grazie per aver accettato, per la seconda volta, una mia intervista. Lei ha lavorato con molti artisti diversi. C’è una collaborazione che ricorda con particolare affetto o che ha segnato un punto di svolta nella sua carriera?
«Sicuramente la collaborazione con Roberto Vecchioni, continua fonte di arricchimento sia umano , sia professionale, che dura ormai da ventitré anni».
Nel 2021 ha pubblicato il suo primo album da cantautore, “Qualcosa di Familiare”. Può raccontarci come è nato questo progetto e cosa rappresenta per lei?
«L’Azzurra Music aveva manifestato interesse nel produrre un nuovo album, inizialmente pensato come raccolta esclusivamente strumentale, in linea con i miei due lavori precedenti “Fuoco” e “Corde & Martelli”. In quel periodo, però, stavo collaborando con il poeta Michele Caccamo alla scrittura di alcune canzoni: i brani piacquero molto, tanto da portarci a un cambio di rotta. Così, abbiamo deciso di suddividere il progetto in due anime: sei canzoni e cinque composizioni strumentali».
Ha contribuito a colonne sonore cinematografiche e progetti teatrali. Come si approccia alla composizione in questi contesti rispetto alla musica d’autore?
«Scrivere musica senza l’accompagnamento delle parole mi offre una libertà diversa, un respiro creativo più ampio: è un approccio differente, ma altrettanto affascinante. Amo entrambe le forme espressive in egual misura, anche perché il canto è parte delle mie origini artistiche — è con le canzoni che ho mosso i primi passi nel mio percorso musicale».
Collabora con l’Università di Pavia e ha partecipato a progetti educativi nelle carceri. Come vive il ruolo di educatore e quale importanza attribuisce alla formazione musicale?
«Conservo nel cuore molte esperienze significative di quel genere, ma quelle vissute all’interno delle carceri restano, senza dubbio, le più profonde e toccanti. L’aspetto didattico, in senso ampio, mi appassiona enormemente: trasmettere, condividere, far crescere attraverso il sapere è una vocazione che sento profondamente».
Suona diversi strumenti a corda della tradizione popolare. Cosa la attrae di questi strumenti e come influenzano il suo stile musicale?
«Ci sono brani che nascono da strumenti tradizionali: per esempio il charango, con la sua particolare accordatura, mi ha dato diversi spunti. Il mandolino è straordinario e così altri, che mi diverto a strimpellare».
Come vede l’evoluzione della musica d’autore italiana e quale ruolo pensa possa avere oggi nella società?
«Le regole del gioco sono cambiate, è vero, e la trap in particolare ha rivoluzionato la semantica del linguaggio musicale. Tuttavia, ci sono ancora molti giovani che scelgono di scrivere seguendo quello stile che viene identificato come “canzone d’autore”. Non credo che il desiderio di raccontare se stessi attraverso mediazioni poetiche e l’ausilio della musica scomparirà mai. In fondo, anche la trap – seppur con modalità diverse – risponde a questa stessa necessità espressiva».
La musica ha il potere di evocare emozioni profonde. Qual è l’emozione che più spesso cerca di trasmettere con le sue note?
«Le emozioni che si vivono mentre si suona sono di natura diversa, lo spettro è ampio e sfaccettato… ma ciò che conta davvero è provarle, sentirle sulla pelle, perché – come amo ripetere – le emozioni sono come gli sbadigli: si trasmettono, si attaccano, arrivano al cuore di chi ascolta».
Cosa lo ispira oggi a scrivere o suonare? Ci sono luoghi, letture, persone o momenti che nutrono la sua creatività?
«Il cinema e la letteratura sono due fonti di ispirazione sempre presenti, ma anche il quotidiano, basta andare in qualsiasi bar per avere spunti».
In un’epoca rumorosa, quanto è importante per lei il silenzio nella composizione?
«Fondamentale, ma vivendo a Milano in appartamento si scende a compromessi…»
Se potesse dare un solo consiglio a un giovane che inizia a suonare, quale sarebbe?
«Non smettere mai di sognare…»
Ci sono nuovi progetti o collaborazioni in programma che può anticiparci?
«Non ci si ferma mai, altrimenti si invecchia…»
Grazie!
