di Tiziana Mazzaglia
Ci hanno detto che è colpa di un errore: di una stringa di codice impazzita, di un algoritmo che non tiene conto delle scelte delle scuole e depenna. Ma io non gli credo. Dietro un errore di un algoritmo c’è un errore di un uomo e l’uomo un errore lo corregge, non lo lascia tale. Dietro il volto freddo della tecnologia si nasconde una scelta ben precisa: tagliare fuori i docenti con più esperienza, più punteggio, più anni sulle spalle e sul registro, per far spazio a chi andrà più tardi in pensione. Non è un malfunzionamento: è una strategia. Si tratta di rottamare chi ha fatto della precarietà una vocazione, chi ha tenuto in piedi l’istruzione italiana tappando ogni buco dell’organico. Con l’algoritmo si premiano i giovani, non per merito, ma per risparmio. E si gettano nel silenzio i veterani, proprio quelli che avrebbero diritto a stabilità e dignità. Così l’algoritmo non assegna, condanna. Non assegna cattedre, assegna la fame a chi per anni ha tappato i buchi dell’organico. E chi resta fuori non è solo un numero scartato: è un essere umano tagliato fuori dalla macchina che aveva alimentato. Ma la scuola non si fa con gli algoritmi. Si fa con le voci, le storie, le mani sporche di gesso, con chi ha esperienza e sa leggere volti anche quando non parlano con le loro voci.
L’immagine allegata è stata creata con l’intelligenza artificiale.
