Scrittura: i segni che parlano

Scrittura: i segni che parlano

 di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

Quesiti rivolti alla grafologa Giusy Marraro, di Catania. 

1) Come si può riassumere la storia e l’evoluzione della grafologia?  
Giusy Marraro, grafologa, Catania.

Giusy Marraro, grafologa, Catania.

«Il falso documentale ha origini antichissime. Da un punto di vista legale, una prima disciplina normativa sanzionatoria del falso testamentario e monetario e’ presente nella lex cornelia de falsis o de testamentis, promulgata da Lucio Cornelio Silla nell’61 a.c. Il reato di falso riguardava dapprima solo la falsificazione dei sigilli, poi fu estesa alla falsificazione delle manoscritture (la cancellazione di testamento, la formazione di testamento, oppure la falsificazione con la cancellazione di alcune parole in esso contenute) nonché le sottoscrizioni nei documenti. Il valore della comparazione delle scritture (collatio scripturarum), venne riconosciuto in un rescritto dell’Imperatore Costantino ad Maximum Prefectum Urbis (320 d.C.). In relazione alla verificazione di scritture si rilevano indicazioni nel Rescritto a Giuliano, del 530 d.C. e nelle Novellae 49 e 73, del 537 e del 538 d.C. Nella Novella 73 si leggono considerazioni, ancora oggi attuali, riguardanti le cause che possono influire sul fenomeno scrittorio apportando mutamenti, quali ad esempio età, malattia, tipologia di inchiostro e dello strumento scrittorio. La legge prevedeva che in mancanza di testimoni e di notaio si dovesse ricorrere alla collatio o comparatio scritturarum di un perito che avesse già prestato giuramento per evitare i possibili condizionamenti delle parti in causa. Anche Dante nel XXX canto dell’Inferno, ci riporta un caso di sostituzione di persona che riguarda tale Gianni Schicchi della famiglia dei Cavalcanti, da lui collocato tra i falsari per essersi sostituito a Buoso Donati nel dettare un falso testamento. L’accertamento dell’ autenticità di scritture veniva svolta da copisti e calligrafi che si limitavano a comparare le singole lettere per stabilire se due scritture provenissero dalla stessa mano. Con il trascorrere del tempo si è sentita sempre più l’esigenza per il perito grafologo, di effettuare un’analisi dinamica, psicofisica, non meramente formale della scrittura. Sin dalla fine del diciannovesimo secolo, molti capiscuola hanno applicato la loro metodologia grafologica alle indagini peritali su manoscritture. Jules Crepeux Jamine (1895-1940) è considerato il capostipite della scuola grafologica francese la quale basa la sua indagine sulla correlazione fra i segni grafici, per giungere poi alla descrizione del comportamento e del carattere umano. Klages (1872-1956), filosofo e psicologo tedesco, introdusse nell’analisi della grafia la nozione di ritmo grafico, affermando inoltre che ogni lettera è simile all’omografa nella stessa scrittura, ma non può essere perfettamente uguale (Le onde del mare sono simili ma nessuna è uguale all’altra, però insieme, costituiscono il ritmo). Klages stabilì il valore delle dimensioni grafiche e le caratteristiche intrinseche della scrittura, quali regolarità, inclinazione, altezza, larghezza, strettezza della scrittura, margini, firma, velocità, di cui ancora oggi è fatto uso per l’analisi e la comparazione della grafia. Pulver (1889-1951), affermava che per il grafologo era fondamentale  la conoscenza delle opere di Freud sulla psicoanalisi, affermando che la mano di chi scrive reagisce agli impulsi derivanti dalla corteccia celebrale e fissati nel campo grafico Saudek (1880-1935) propose un metodo di osservazione dinamica, valutando il ritmo ed il simbolismo, oltre che i movimenti esecutivi eseguiti verso l’alto ed il basso. In Italia occorre ricordare Marchesan, fondatore dell’Istituto di Psicologiadella Scrittura, e padre Girolamo Moretti (1879-1963), ideatore della scuola italiana di grafologia. Egli sosteneva che le scritture hanno innumerevoli variabili ed il metodo grafologico da lui fondato è caratterizzato da segni sostanziali, modificanti ed accidentali, da correlare tra loro in maniera severa e scientifica  per poter giungere ad un’esaustiva analisi grafologica. La grafia identifica la personalità dello scrivente. Il gesto grafico è studiato nelle sue implicazioni neuro-fisiologiche e neuro-psicologiche, per comprendere la natura grafomotoria del soggetto scrivente. Moretti introduce i termini e le categorie di atto grafico, in pratica il tracciato disegnato, spontaneo nella costruzione e nella forma delle lettere, e di gesto grafico. L’analisi della scrittura viene applicata  in diversi campi e prevede metodologie diverse (in alcuni settori la figura del grafologo deve essere coadiuvata da altre figure professionali. La perizia grafologica forense consente di individuare i falsi e le scritture contraffatte. Tale consulenza non è indirizzata ad evidenziare l’aspetto psicologico dello scrivente, ma allo studio del gesto grafico che, attraverso lo studio comparativo con le scritture autografe permette di risalire alla paternità del documento».

2) In che modo lo stato d’animo influisce sulla grafia e quali sono i segni che denotano particolati alterazioni?
«”L’uomo che scrive disegna inconsapevolmente la sua natura interiore. La scrittura cosciente è un disegno inconscio … disegno di sé … autoritratto”. Così Max Pulver, filosofo, poeta, grafologo, definiva la scrittura che è il fondamento della Grafologia. Il carattere dell’uomo, i suoi stati d’animo, si rispecchiano nella scrittura. La scrittura non rappresenta una mera proiezione di simboli su un supporto cartaceo, ma la traduzione di impulsi che prendono origine dal sistema nervoso. La scrittura evolve  insieme a noi, è lo specchio dei nostri stati d’animo e dei nostri istinti innati, come amava definirli il Moretti. Possiamo mentire con le parole, ma la scrittura ci qualifica per quelli che realmente siamo, oltre le sovrastrutture protettive che ci siamo creati. Le variazioni degli stati d’animo influiscono notevolmente sul tracciato grafico apportando  delle variazioni che riguardano soprattutto l’aspetto generale e psicodinamico, che possono riguardare in misura maggiore il duktus, ovvero la fluidità personale dello scrivente, la velocità esecutiva, le connessioni interletterali, la continuità, il tono pressorio, la qualità del tratto (si possono quindi registrare rallentamenti nell’esecuzione delle lettere, soste e riprese, indugi, stacchi, lievi moti tremuli, ammaccature, aumento o alleggerimento dell’intensità pressoria, tratti incompleti o lievemente deformati, presenza di isolette di inchiostro). Sovente tali caratteristiche, ad un esame superficiale, possono essere interpretati come indizi di falso pertanto il grafologo deve possedere una spiccata facoltà introspettiva, una sorta di “occhio interiore” che gli consenta di effettuare uno scandaglio accurato del grafismo in esame onde evitare di incorrere in errori macroscopici».
3) Le è mai capitato di svolgere perizie su manoscritti antichi, o di autori noti di qualsiasi periodo, per risalire alla paternità dell’opera?
«Non mi è mai capitato personalmente di effettuare perizie su manoscritti antichi o di autori noti. Mi è capitato tempo fa di dover aiutare un amico musicista a valutare se uno spartito attribuito a Bellini fosse un originale o falso, ma poiché ho dato il mio aiuto in maniera ufficiosa in quanto era stato il mi amico ad avere l’incarico dal Magistrato non credo di poterne parlare per questioni di riservatezza e deontologia professionale».

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