Grafologia: un mestiere svelato

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

 

La Grafologa Giusy Marraro ospite alla 32ª puntata della trasmissione “Piazza Verga”, il Salotto della Giustizia, a cura dell’avv. Giuseppe Lipera.

 

In foto Giusy Marraro, grafologa.

In foto Giusy Marraro, grafologa.

Pochi sanno quale sia il ruolo del grafologo, molti hanno sentito parlare di “perizia calligrafica”, ma la vera e propria disciplina ha caratteri molto curiosi e interessanti, come quelli illustrati da Giusy Marraro ospite alla 32ª puntata della trasmissione “Piazza Verga”, il Salotto della Giustizia, che si svolge ogni venerdì sera a Catania, condotta dall’avv. Giuseppe Lipera. Prima di tutto, in questa serata è stato differenziato il concetto di grafologia e di perizia grafica (o calligrafica o grafologica): «La grafologia consiste nello studio di una personalità di un soggetto attraverso l’analisi della scrittura. Le perizie grafiche, invece sono il frutto della comparazione di segni rilevati in scritture, come firme o grafie, attraverso cui bisogna giungere ad accertare l’autenticità o meno di uno scritto e risalire all’autore», quindi attribuire la paternità all’autore. Una professione utile non solo nel campo della giustizia, ma anche in altri campi, come: critico e filologico letterario, artistico, storico e archeologico. Una perizia effettuata sui segni della scrittura, può infatti essere utile a datare un manoscritto o una lapide, oppure ad individuare i falsi. Ad esempio, gli studiosi del Medioevo si sono occupati per anni dei segni dei lapicidi al fine di ricostruire la storia del tempo. L’aspetto curato dalla signora Marraro, però riguarda il campo strettamente legato alla giustizia e quindi in stretto rapporto con avvocati e giudici. Lei stessa sottolinea la stretta relazione tra il grafologo e il criminalista, che spesso sono due ruoli indissolubili. Nella conservazione pacata e familiare non poteva mancare il racconto di un’esperienza, così attraverso un flash-back gli ascoltatori partecipano ad un’esperienza in cui il grafologo risale al vero. L’esperienza citata ha avuto come protagonista un uomo ultras, accusato di aver scritto su alcuni muri, parole offensive nei confronti della polizia. La persona in questione si riteneva innocente e insisteva ad affermare di non saper scrivere in stampatello e di non aver mai scritto su muri o pareti. Tra le varie prove da effettuare ve ne era anche una in uno spazio allestito in modo da simulare dei muri. Così, giunti nel luogo della rappresentazione dove ci era anche un telo per farlo riparare dagli spruzzi della vernice, in lui si è stimolato involontariamente una processo di reazione e di crollo della finzione rifiutando il telo e chiedendo dei guanti per proteggere le mani. In questo caso l’indagato si è smascherato da solo, ma come ha spiegato la grafologa, questo non ha portato alle conclusioni definitive e sono state svolte tutte le prove previste avendo così conferma della sua paternità delle scritte attraverso lo studio dei segni. Un racconto quasi comico, ma realistico e che svela l’importanza di una professione che come finalità si prefigge di mettere in risalto la verità.

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