Catania elogia la follia con l’arte

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

Castello Ursino, Catania, dal 22 aprile 2016 al 23 ottobre 2016. Si segnala l’apertura di domenica 4 settembre 2016 con incassi devoluti ai terremotati del centro Italia.

thFolle, follia, pazzia, chi non ha mai udito o pronunciato queste parole? Ad alcuni incutono timore e rifiuto, per altri sono uno sfogo con cui etichettano individui, come era accaduto ad Antonio Ligabue. Chi era quest’uomo? Ieri era considerato un folle, oggi, possiamo dirlo un artista e il professore Vittorio Sgarbi ha ben pensato di promuovere un museo in onore di questa “follia” espressa dall’arte. Sì, perché, come ben sosteneva Carlo Dossi “I pazzi aprono le vie che poi percorrono i savi”. Nasce, quindi un “Museo della Follia” sito a Catania, precisamente a Castello Ursino, allestito per essere aperto al pubblico, dal 22 aprile 2016, al 23 ottobre 2016 e domenica 4 settembre sarà un’occasione particolare per sostenere i terremotati del centro Italia. Accanto, al già citato, Antonio Ligabue, è presente un altro artista, Pietro Ghizzardi, ed altri, come lo scultore Cesare Inzerillo, e centinaia di autori vari di opere create dal 1600 a oggi e che hanno come tema la pazzia. Non mancano anche documenti, tra cui la storia della Legge 180, una sorta di Wunderkammer dell’alienazione che espone camicie di forza, apparecchi per l’elettroshock, apribocca, medicine, ritratti di pazienti psichiatrici, l’inchiesta del Senato sugli ospedali psichiatrici giudiziari e documentari Rai. Insieme al curatore Vittorio Sgarbi hanno collaborato Giovanni Lettini, Sara Pallavicini, Stefano Morelli e Cesare Inzerillo. Il tutto è stato realizzabile grazie al contributo di enti promotori, quali: il Comune di Catania, il Cemtro Studi & Archivio Ligabue di Parma, la Fenice – Company Ideas ed, infine, il patrocinio del Mibact (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) e la collaborazione dell’assessore Orazio Licandro.

L’artista che ritengo essere il cuore dell’evento è Antonio Ligabue (Zurigo, Svizzera, 18 dicembre 1899 – 27 maggio 1965), già secondo Anatole Jakovsky “resterà uno dei grandi enigmi del nostro tempo”. Escluso dai suoi contemporanei si era creato un mondo isolato in compagni della natura e di animali. Nelle sue opere vi è un ricco bestiario in cui si identificano stati d’animo umani, come aggressività, ferocia ed anche paura: il grande ragno denota la sua voglia di tessere la propria tela al riparo della società, da cui si sente in contrasto; farfalle e uccelli denotano la voglia di libertà; gli animali da lui raffigurati denotano tratti quasi umani e spesso appaiono in dialogo tra di loro, come ad esempio i “Tacchini” del 1938, olio su compensato, cm 49×59.

Nel 2008, in occasione di una mostra realizzata a Milano, presso Palazzo Reale, il professore Vittorio Sgarbi si era espresso in favore di Ligabue:

«Ligabue era l’artista che si poteva finalmente guardare e capire senza vergognarsi di essere ignoranti, orgogliosi anzi di provenire dalla stessa sua cultura; Ligabue era anche l’artista che si poteva indicare come modello di cultura anti-intellettualistica, anti-borghese, anti-elitaria, comprensibile della gente comune». (Vittorio Sgarbi, in Antonio Ligabue, Milano, Palazzo Reale, 2008, Catalogo Ricci editore, pg. 32).

Tra i visitatori del “Museo della Follia”, una grafologa catanese, Giusy Marraro ha saputo esprimere entusiasmo, stupore e gratitudine:

“Ieri sera sono andata al Castello Ursino a visitare la mostra denominata “Il Museo della follia”, che comprende dipinti di Antonio Ligabue, dipinti e collage di Pietro Ghizzardi, sculture di Casare Inzerillo e tante altre opere il cui tema è la pazzia. Mentre osservavo le opere d’arte e il materiale che documentava il percorso storico degli ospedali psichiatrici, sono stata pervasa da diversi sentimenti: meraviglia e stupore innanzi all’elevata espressione artistica delle opere in mostra che testimoniano una forte introspezione psicologica ed un doloroso cammino interiore da parte degli autori; sgomento e profonda commozione innanzi a documenti, oggettistica, immagini e video che dimostrano, in maniera inequivocabile, la sofferenza e l’alienazione di alcuni esseri umani ridotti a larve e privati della dignità. È una mostra molto bella e di grande rilevanza civile; l’impatto è molto forte da un punto di vista emotivo e psicologico, ma vale assolutamente la pena di andare poiché tutti dovrebbero conoscere questa parte della storia, tutti dovremmo prendere coscienza dell’abbruttimento e della mortificazione subiti da molti esseri umani a causa della legge 180. Consiglio vivamente a tutti di andare a visitare la mostra, ne uscirete cambiati, arricchiti di nuovi sentimenti. La tenerezza e qualche lacrima non mancheranno.”

Parole, queste, che rievocano tappe del percorso, stati d’animo e riflessioni suscitate. Come ben consiglia la signora Marraro si tratta di un’occasione unica non solo per ammirare l’arte, ma per ammirare lo stupore di sentirsi cambiare dall’arte, forma espressiva capace di esprimere quanto le parole non riuscirebbero mai a dire.

“Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia.” (Erasmo da Rotterdam)

 

 

 

 

 

Estratto dal comunicato stampa:

 

“Un repertorio, senza proclami, senza manifesti, senza denunce. Uomini e donne come noi, sfortunati, umiliati, isolati. E ancora vivi nella incredula disperazione dei loro sguardi. Condannati senza colpa, incriminati senza reati per il solo destino di essere diversi, cioè individui. Inzerillo dà la traccia, evoca inevitabilmente Sigmund Freud e Michel Foucault, e apre la strada a un inedito riconoscimento, a una poesia della follia che muove i giovani in questa impresa. Sara Pallavicini, Giovanni Lettini e Stefano Morelli. Determinati, liberi, folli. Ed ecco il loro museo. [..] Nella storia dell’arte, anche prima dei casi clamorosi di Van Gogh e di Ligabue, molti sono gli artisti la cui mente è attraversata dal turbamento, che si esprimono in una lingua visionaria e allucinata. Ognuno di loro ha una storia, una dimensione che non si misura con la realtà, ma con il sogno. E quel sogno, con piena soddisfazione, oltre ogni tormento, rappresenta”, ha dichiarato Vittorio Sgarbi.

Le sezioni:


Tutti i Santi – Le sculture di Cesare Inzerillo 

Pazienti, dottori e infermieri, distinguibili solo dai dettagli dell’abbigliamento, ridotti a mummie, uniti dalla improba lotta contro la sofferenza e la morte.

La griglia – Fotografie, dipinti e neon 

Novanta ritratti di pazienti ritrovati nelle diverse cartelle cliniche negli ex-manicomi d’Italia compongono una griglia di oltre 12 metri dove un neon luminoso, seguendo il contorno di ciascun ritratto, dona luce e rumore ai pensieri di ciascun volto.

Sala dei Ricordi – Oggetti abbandonati

Decine e decine di teche contengono libri di letteratura in lingua originale che hanno trattato il tema della follia nel corso dei secoli, farmaci ritrovati nei manicomi, effetti personali dei pazienti, giocattoli e disegni dal passato inquietante.

Antonio Ligabue –
 Pietro Ghizzardi 
Una sezione espositiva del “Museo della Follia” è costituita da una grande mostra antologica dedicata ai due artisti. L’iniziativa presenta 190 opere, di cui 12 dipinti e 2 disegni, di Antonio Ligabue e 37 opere di Ghizzardi. La mostra è organizzata da Augusto Agosta Tota, presidente del Centro Studi & Archivio Antonio Ligabue di Parma. Preziosa occasione per incontrare lo storicizzato e conoscere l’inedito, lasciandosi irretire dall’arte di due rappresentanti del Novecento mediopadano, che con aria allucinata, senso della natura, adesione ad una umanità al limite della sopravvivenza materiale e spirituale, sono stati capaci di una strenua lotta, anche quando appariva perduta nelle nebbie della follia. Ecco dunque 12 oli di Ligabue: Cavallo datato 1939-1942; un Ritratto risalente al 1941; eseguito fra il 1948 e il 1950 Cavalli all’aratro; fra il 1952 e il 1962 Ritratto di Donna; Scorpione, in due versioni differenti; Paesaggio agreste; Vedova nera con preda; Gatto con la talpa; datato fra il 1953 e 1954 Testa di tigre mentre Paesaggio con cani risale agli anni 1953-1955. Fra il 1957 e il 1958 è identificata la data di Lepre. Due disegni inediti senza datazione sono Alce e Cavallo. Fra i 37 lavori di Pietro Ghizzardi troviamo le tecniche miste Claudia Cardinale del 1960, Marilin del 1968 e Mina del 1970.

Centinaia di opere tra sculture, pitture e fotografie, affrontano la tematica della follia attraverso la storia dell’arte, dal 1600 ad oggi. Artisti esposti: Giovanni Carnovali called il Piccio (1804 – 1873); Silvestro Lega (1826 – 1895); Michele Cammarano (1835 – 1920); Antonio Mancini (1852 – 1930); Gaetano Esposito (1858 – 1910); Filippo Antonio Cifariello (1864 – 1936); Vincenzo Gemito (1852 – 1929); Gino Rossi (1884 – 1947); Vito Timmel (1886 – 1949); Gino Tancredi Sandri (1892 – 1959); Carlo Zinelli (1916 – 1974); Lorenzo Alessandri (1927 – 2000); Ottavio Mazzonis (1921 – 2010); Giovanni Macciotta (1927-1993); Bruno Caruso (1927); Mario Molinari (1930 – 2001); Umberto Gervasi (1939); Raimondo Lorenzetti (1948); Luigi Serafini (1949); Roberto Gasperini (1950); Giacinto Bosco (1956); Gaetano Giuffrè; Grazia Cucco (1965); Agostino Arrivabene (1967); Bertozzi & Casoni (Giampaolo Bertozzi, 1957; Stefano Dal Monte Casoni, 1961); Fabrizio Sclocchini (1969); Vincenzo Baldini; Nicola Sferruzza; Mimmo Centonze (1979); Marilena Manzella; Gaspare Palazzolo; Roberta Fossati; Sandro Bettin.

 

 

 
Per informazioni:

 COSTO DEL BIGLIETTO: intero € 10, ridotto € 7 / € 6 / € 5. Gratuito bambini fino a 5 anni

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 344 2249701

E-MAIL INFO: guidect.eventi@gmail.com

SITO UFFICIALE: http://www.museodellafollia.it

Orario: Dal lunedì a venerdì 10-19; sabato, domenica e festivi 9-20:30.

 

 

 

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