Perché Renzi si vanta di assumere e i professori non ci stanno?

Perché Renzi si vanta di assumere e i professori non ci stanno?

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

DDL, buona scuola e la protesta dei professori. Un quadro completo della situazione illustrata dal prof. Giovanni Cocchi, insegnante di Bologna, uno tra i promotori della Legge di iniziativa popolare “per una buona scuola per la Repubblica“.

11178208_10205670003023023_4662973487078530440_nProf. Cocchi, Lei si è fatto portavoce dell’urlo dei precari, e non solo, alla trasmissione “A noi piace il rosso” del 18 giugno 2015 esprimendo parole chiare e forti, che ricordano addirittura un passo del Vangelo: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto (Lc 7,31-35). Ci può illustrare un quadro completo del DDL “buona scuola”? Come mai i professori non lo accettano?

«Quello che non accettiamo della riforma di Renzi non sono dettagli, ma la filosofia stessa che ne è alla base, è una riforma che cambia in maniera strisciante il dettato costituzionale senza neppure bisogno di passare per un referendum. Qual è infatti la scuola disegnata dalla Costituzione? Quella in cui tutti i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i più alti gradi degli studi. E proprio per questo la Repubblica ha il compito di rimuovere tutti gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza ed impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Quella dove, tramite la libertà di insegnamento, sia assicurata la libertà di un apprendimento consapevole e non di un indottrinamento. Dunque una scuola dell’eguaglianza: gratuita, plurale, inclusiva e trasparente; e adeguatamente sostenuta, con l’obiettivo dichiarato di assicurare ad ogni giovane cittadino, da Sondrio a Lampedusa, le medesime opportunità per la propria formazione. Qual è la filosofia della scuola ridisegnata da Renzi? L’esatto contrario. Basta con l’unitarietà del sistema scolastico, con l’uguaglianza delle condizioni delle singole scuole, con la formazione di cittadini più che di lavoratori; basta “ciucciare” soldi dallo Stato, che ogni scuola faccia da sé e per sé, con i “propri” finanziatori ed i “propri” insegnanti, con la logica conseguenza che se già oggi ci sono scuole di serie A e scuole “sgarrupate”, con questa riforma le distanze si aumenteranno invece che diminuirsi. Basta con una scuola democratica e partecipata, basta con le perdite di tempo, occorre un decisore unico; basta con la libertà d’insegnamento e la pluralità delle opinioni, basta con la contrattazione sindacale; ora deve finalmente tutto essere posto sotto controllo. E questa filosofia si attua con tre strumenti base: FINANZIAMENTI PRIVATI, la propria squadra, le deleghe:

  1. FINANZIAMENTI PRIVATI

Ora: alle scuole vengono assegnati fondi in maniera egualitaria perché oggettiva, proporzionali al numero delle classi, docenti, ragazzi.  Sempre meno, non a caso i famosi contributi “volontarobbligatori”, necessari addirittura a comprare persino l’emblematica carta igienica…)

Dopo: 5 per mille e bonus school alla “propria” scuola. E’ un po’ la logica “padana” del “le tasse devono rimanere” nei luoghi ricchi dove vengono prodotte, non “centralizzate” che così poi vanno al Meridione.  Renzi ha difeso il 5 per mille dicendo…. Il contributo privato non dovrebbe neppure esistere perché le scuole dovrebbero, come da Costituzione essere finanziate dalla fiscalità generale.

E gli school bonus, tramite i quali finanziatori potenti e non certo sempre disinteressati (Compagnia delle opere, imprenditore padano, in certe zone addirittura il sistema “mafioso”, potrà finanziare le proprie scuole con il 65% tolto alla fiscalità generale. Cioè ognuno di noi finanzierà senza saperlo scuole di tendenza che magari non gli piacciono.

A queste differenze si aggiungono altri 137 milioni di regalo indiretto ai licei privati. Altro che suorine che offrono la scuola materna che non ci sarebbe, regali ai diplomifici dove vanno a fare 4 anni in uno i figli dei ricchi che non hanno voglia di studiare.

 “Ogni scuola la sua squadra”.

Il secondo cuore della riforma: il dirigente “sceglie” la propria squadra, individua lui i docenti:

Ora: meccanismo è trasparente (art 97 della costituzione), oggettivo, non clientelabile. Chi vince un concorso, sulla base del posto conquistato in graduatoria, vede premiato il suo merito e può scegliere la scuola che gli è più comoda/vicina. Cosa c’è che non va? Nessuno ce lo ha ancora saputo spiegare.

Dopo: partiamo dai casi estremi. Finora sulla scuola nessuno “ha mangiato”, nessuno ha potuto farne terreno di possibile “influenza” o “clientela” (come ad esempio nel caso della sanità o dell’università).

Sarà ancora così nelle zone, non piccole, inquinate da mafia, ndrangheta o camorra? Quanto sarà libero il dirigente nella sua scelta? Quanto, anche qui da noi, sarà forte di non rispondere no, al “bravissimo” insegnante “segnalato” dal politico di turno, dall’amico, dal parroco?  Chi sceglierà…. (Lo farei anch’io, se fossi Ds) l’insegnante incinta, con 104, chemioterapia, quello bravo ma gay, quello a cui non piace insegnare per addestrare alle crocette invalsi, chi sceglierà quei rompicoglioni come Cocchi?

Nelle scuole più ricche (si ricordi il punto dei finanziamenti) andranno gli insegnanti migliori, in quelle che avrebbero più bisogno quelli non chiamati da nessuno, assegnati d’ufficio.

Il GOVERNO DEMOCRATICO E PARTECIPAZIONE, conquistati a caro prezzo, addirittura con uno sciopero generale del 1974, rimarranno solo di facciata, un simulacro. Oggi la sovranità è democratica e diffusa, oggi sovrani sono i docenti ed i genitori. Il Pof lo delibera il Collegio docenti e lo adotta il consiglio di Istituto. Domani la primazia passerà nelle mani del dirigente: sarà lui a stabilire gli indirizzi e le scelte cui gli altri dovranno adeguarsi.

  1. LIBERTA’ DI INSEGNAMENTO. Da dove nasce art.3 e perché (no pensiero unico).

Se il mio posto di lavoro dopo 36 mesi può essere rinnovato o meno, se il sostentamento della mia famiglia può dipendere da questo, quanto non sarò, anche psicologicamente, condiscendente e collaborativo nei confronti del dirigente? Quanto farò a gara per esserlo più del mio collega? Quanto non riuscirò ad adeguarmi al contesto, al dirigente, alle idee dei benefattori… Parlerò più delle foibe o della resistenza o viceversa? Più dell’australopiteco o della Bibbia? E cosa dirò degli immigrati? Quanto mi opporrò a una didattica addestrativa modello Invalsi che mortifica me ed i miei ragazzi?

3 Cuore: le deleghe, la ciccia, di cui si sa e si parla troppo poco. Tantissime, che permetteranno al governo di rivoltare la scuola come un calzino a suo piacimento: dalla completa riformulazione del testo unico sulla scuola, alla cacciata dei sindacati, alla medicalizzazione dell’handicap, ad espellere la scuola dell’infanzia dal sistema scolastico riducendola dà diritto a servizio. Tutto questo e molto altro ancora in soli 18 mesi e per via “amministrativa” (è stato delegato) senza più vera discussione parlamentare, senza più nessuna opposizione. E dire che ai tempi della Moratti e della Gelmini fu proprio il Pd a denunciare lo scandalo delle deleghe, ed erano molto meno di quelle che ci sono oggi.

Questa ‘riforma’, questa scuola/azienda dove gli insegnanti siano in una condizione di superflessibilità e subalternità,  dove non esista più alcun ruolo di contrattazione sindacale, dove il potere sia concentrato nelle mani del manager, dove lo Stato si ritiri dal suo impegno economico  lasciando liberi i finanziamenti dei privati a farla da padrona, dove tantissime scuole pubbliche siano immiserite e le private siano privilegiate, ecc. è esattamente quello che pretende chi comanda in Europa e, in Italia, il blocco di potere che sostiene Renzi (Confindustria, Treelle, Fondazione Agnelli, Cielle, Vaticano); ecco perché Renzi non può che permettersi il ricatto, perché  deve legare indissolubilmente l’assunzione dei precari alle nuove regole, non per altre balle (assumificio, ecc. ecc.)».

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