“Perché ci sta!”: la parola agli esperti

“Perché ci sta!”: la parola agli esperti

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

 

Black Bloc a Milano il 1 Maggio 2015, giorno dell’inaugurazione dell’Expo: la dichiarazione di Mattia Sangermano e i pareri di esperti di psicologia, religione e legislazione.

In merito a quanto accaduto a Milano il 1 maggio ci sono tanti video, diffusi in rete, ma uno è diventato virale e sembra aver destato maggiore scompiglio. Mi riferisco alla video-intervista  rilasciata da Mattia Sangermano, vent’anni, residente a Lacchiarella e studente presso l’Istituto Cairoli di Pavia. Il ragazzo, nel video, afferma:

«Abbiamo spaccato un po’ di robe (…) perché è una protesta e si fa bordello (…) è giusto così, perché è una protesta (…) ero esaltato volevo avere qualcosa in mano per spaccare qualcosa (…) è stata una bella esperienza, ci stava (…)” io quando sono dentro i disastri sono contento comunque (..) quando vedo casino faccio casino anche io».

Tutte queste sono espressioni comuni nel gergo di molti adolescenti, quello che appare evidente ed allarmante è il piacere nel distruggere tutto, il “fare casino” per seguire la folla, senza ragionare, senza conoscere le motivazioni, come un automa pronto a distruggere. Mi sono rivolta a tre esperti, di campi diversi, per avere i loro pareri.

PSICOLOGIA: Dott. Federico Venceslai

Psicologo, Counselor, Coach, Formatore presso Epoche Institute e collaboratore Associazione In.Oltre.

Dott. Federico Venceslai

Dott. Federico Venceslai

Gent.mo Dott. Venceslai, Lei da esperto psicologo quale lettura può fornire a quanto appena citato?

«Tale citazione ci mostra lo stato mentale in cui questo giovane nello specifico si stava trovando, infatti non possiamo dare per scontato che anche altri partecipanti stessero vivendo la stessa esperienza mentale, seppur alcuni meccanismi psicologici alla base di comportamenti aggressivi possano essere comuni. Senz’altro questa citazione può lasciare alcuni di noi a bocca aperta, infastiditi, inorriditi e arrabbiati con questo ragazzo e ciò è dovuto al fatto che il giovane parla di quanto accaduto come se si stesse parlando del film visto al cinema la sera precedente. Questa modalità è tipica di chi in quel momento non riesce a dare valore alle cose sulle quali sta gettando i suoi istinti e le sue emozioni, in quello stato mentale la persona non è più in grado di valutare che distruggendo un negozio recherà gravi danni ai suoi proprietari e d’altri. La frase iniziale “spaccato un po’ di robe” rende bene l’idea della momentanea o costante incapacità di riconoscere il valore degli oggetti e delle persone che si hanno di fronte e questo rendo molto pericoloso l’incontro con queste persone in quei momenti. “E’ giusto così” denota la possibilità di attendere manifestazioni o cortei per potersi sentire giustificati ad agire tali comportamenti e ciò ci permette di comprendere che tale modo di agire non è necessariamente caratteristico di queste persone che anzi talvolta possono essere anche molto cordiali ed amichevoli. Il fatto che il ragazzo utilizzi il termine “esaltato” e che consideri “una bella esperienza” quanto vissuto è l’effetto della scarica emotiva adrenalinica molto spesso in questi casi accompagnata da un profondo e illusorio senso di onnipotenza dovuto al fatto che si sentono liberi di fare ciò che vogliono, spesso provocando con attacchi di vario genere le forze dell’ordine. Senz’altro, all’interno dei Black Block ci sono dei ruoli definiti, ci sono alcuni che gestiscono ed organizzano gli assalti e sanno come sfruttare alcuni meccanismi psicologici e sociali che il giovane descrive chiaramente “vedo casino e faccio casino anche io”. Quest’ultima frase rappresenta anche, la limitazione nella capacità di pensare in modo autonomo, di pensare alle conseguenze delle proprie azioni ed è dunque evidente che l’autonomia della persona in questo senso è compromessa ed è dunque preferibile omologarsi ad un gruppo nel quale ci si sente vivi e partecipi.  Analizzare questi fenomeni sociali è assai complesso ed è utile evitare generalizzazioni, infatti ci sono alcuni che fanno migliaia di chilometri mentre studiano cartine geografiche, per pianificare assalti al fine di essere socialmente notati, mentre altri hanno desideri di ferire la nazione o la città ospitante mentre, altri ancora, pensano di fare una bravata giovanile  di cui  non è possibile prevedere l’esito».

Quello che mi viene spontaneo dire è che se dove “c’è casino si fa casino”, allora, dove si violentano esseri umani è normale contribuire con gli stessi atti e lo stesso dove si uccide. Trovo molto pericoloso che un ragazzo pensi e affermi di provare divertimento attraverso atti di violenza. Cosa denota il piacere di distruggere? 

«Condivido che possa essere pericoloso, e credo che lo sia, che un ragazzo si diverta distruggendo o deturpando oggetti propri e altrui o manifestando violenza sulle persone. Questo è un pericolo insito nell’essere umano e credo che non potremo mai estinguerlo definitivamente, seppur credo fermamente nella possibile prevenzione e riduzione dell’intensità di attacchi distruttivi comprendendone i motivi che spingono a ciò. Ritengo, in linea con il pensiero di Freud padre della psicoanalisi, che il piacere distruggere sia l’effetto dell’espressione della propria aggressività che fino ad allora non aveva trovato la via per esprimersi. Se durante la mia vita quotidiano non posso esprimere la mia aggressività arriverà un momento in cui esprimerla mi recherà un forte senso di piacere, una abreazione emotiva. Il concetto diviene ancora più interessante se a ciò aggiungiamo il fatto che spesso le persone che commettono atti sadici o distruttivi li hanno subiti a loro volta nella loro infanzia, spesso, non sempre e non necessariamente, hanno subito dei veri e propri abusi psicologici che hanno interferito con la normale acquisizione di norme sociali. Queste persone possono essere state trattate come oggetti piuttosto che come soggetti con i propri bisogni, desideri, emozioni ed altro e possono nutrire interiormente profondi ed intensi sentimenti di astio, odio, competizione distruttiva, desiderio di vendetta e rivalsa. Spesso, questi sentimenti vengono sperimentati anche nei confronti di contesti scolastici e sociali che non vengono percepiti dal ragazzo in difficoltà come supporti, come contenitori in grado di offrire appoggio alla sofferenza che il giovane già sta vivendo. Tutto ciò porta inevitabilmente ad un inasprimento dei sentimenti fino al desiderio di distruggere l’altro, una città, una nazione, il pianeta in cui viviamo. Prendere in considerazione la sofferenza che genera violenza può fornirci un punto di vista differente per ragionare su come poter intervenire e credo che questa sia la sfida di una società responsabile: “Il genere umano può liberarsi della violenza soltanto ricorrendo alla non-violenza. L’odio può essere sconfitto soltanto con l’amore. Rispondendo all’odio con l’odio non si fa altro che accrescere la grandezza e la profondità dell’odio stesso” Mahatma Gandhi».

Caricatura satirica diffusa su Facebook.

Caricatura satirica diffusa su Facebook.

La scuola non dovrebbe essere il palcoscenico in cui mettere alla prova all’educazione di chi nel mondo deve vivere? Si parla tanto di riformare la scuola, forse prima di tutto non bisognerebbe fare in modo che professore e psicologo lavorino in coppia?

«La scuola è un organo complesso che senz’altro ha un ruolo centrale nello sviluppo formativo, psichico e sociale dello studente. I docenti hanno il chiaro compito di insegnare agli studenti un metodo di studio, la materia di loro competenza e di stimolare lo studente là dove trova maggiori difficoltà e credo che questi compiti insieme, anche ad altri, vengano svolti dai nostri docenti. Come formatore dell’Epoche Institute mi occupo anche di creare collaborazioni con istituti scolastici e dunque con docenti e abbiamo notato che può essere molto utile una collaborazione tra professore e psicologo. D’altronde, il docente ha il dovere di portare avanti un programma didattico stabilito e per quanto possa rallentare non gli è possibile fermarsi e svolgere un ruolo professionale, peraltro di non sua competenza ed è qui che la collaborazione cooperativa con lo psicologo diviene un punto a vantaggio di molti: lo studente trova quel supporto che ha le competenze per poter supportare e stimolare in modo adeguato; il docente può svolgere il suo ruolo; la famiglia dello studente ne  risente  indirettamente  in modo positivo; l’intera società avrà un Black Block in meno e cosa più importante avrà stimolato un giovane o un uomo a riappropriarsi delle proprie  capacità e delle proprie potenzialità promuovendo in lui autonomia ed indipendenza».

 

I giovani sono il nostro futuro, quali possono essere le tappe da seguire per educare al meglio i giovani?

«Sì, i giovani rappresentano il futuro e allo stesso tempo sono parte di un sistema che comprende diverse generazioni che si trovano a dialogare tra di loro. Credo che sia necessario comprendere che il presente dell’uomo di sessant’anni rappresenta un pezzo del futuro di un ragazzo di quindici anni, il comportamento presente della politica italiana porterà a delle conseguenze ed esse saranno sulle spalle di chi verrà dopo. A mio avviso è utile tenere in considerazione che ogni membro del sistema socio-culturale ha una valenza nel presente che porterà delle conseguenze nel futuro. Esiste sia un logica lineare un cui un azione ora porta a delle conseguenze poi e sia una logica circolare in cui una azione oggi porta a delle conseguenze che altri dovranno gestire e potranno ripartire da li. Prendere coscienza di queste logiche comporta una assunzione di responsabilità nei confronti di se stessi e degli altri membri della società, non siamo esseri a se stanti bensì viviamo insieme in questo pianeta e il comportamento di ognuno influisce direttamente o indirettamente sull’altro.  Nella mia esperienza noto che i giovani e non solo hanno bisogno di vedere persone libere, libere di assumersi le proprie responsabilità, libere di scegliere dei valori e di essere in grado di portarli avanti, libere di sviluppare coerenza e dunque, libere di essere se stesse. Per dirla nel linguaggio di Bauman è necessario sviluppare modelli di riferimento “solidi” che si pongano come valide alternative a modelli “liquidi” che assumano la forma più conveniente in quel momento, ricche di contraddizioni su contraddizioni che creano costante confusione. Occorrono modelli politici di riferimento “solidi”, modelli di business “solidi”, modelli psicopedagogici “solidi” seppur flessibili a seconda del contesto e delle circostanze. Penso che la tappa fondamentale per ogni organizzazione, sistema politico o singolo individuo consista nel fermarsi e nel fare una seria riflessione su quanto si sta facendo e sulla direzione che si sta seguendo domandandosi: “Come vorrei che fosse la mia organizzazione?” “Come vorrei che fosse ora la mia vita?” “Come vorrei che fosse ora il mondo?”; e dopo essersi risposto allora potrà iniziare subito, fin d’ora a costruire quanto desidera. Ciò consente di offrire modelli solidi nel bene e nel male e a quel punto ogni giovane potrà scegliere la sua strada».

LEGISLAZIONE: Prof. Giovanni Cordini

Università degli Studi di Pavia.

Prof. Giovanni Cordini

Prof. Giovanni Cordini

Gent. Prof. Cordini, da esperto di Diritto Ambientali, quali sono stati i principali reati dei Black Bloc?

«Ho notato che il ragazzo che durante la manifestazione ha rilasciato un’intervista fortemente riprovevole si è reso conto del suo assurdo comportamento e ha chiesto scusa mostrandosi pentito per le scriteriate considerazioni fatte a caldo. E’ già un bene che si sia reso conto di avere parlato senza criterio e di avere, in quel contesto, approvato e giustificato le violenze e i danneggiamenti, pur dichiarando di non avervi preso parte. Gli autori dei danneggiamenti (Black Bloc) sono responsabili di reati di incendio, danneggiamento seguito da incendio, danneggiamenti e imbrattamenti di cose altrui, oltre che di reati relativi all’ordine pubblico e alla resistenza alle forze dell’ordine. In questi casi, però il problema principale è quello dell’identificazione dei responsabili e dell’attribuzione ad personam dei correlati comportamenti illeciti».

RELIGIONE: Mons. Antonio Interguglielmi

Canonista, Cappellano Rai, Direttore Ufficio Aggregazioni Laicali della Diocesi di Roma.

Mons. Antonio Interguglielmi

Mons. Antonio Interguglielmi

Gent.mo  Mons. Interguglielmi, da religioso quale lettura può fornire a questo episodio di violenza?

«Si tratta di un’ulteriore prova di cosa significa perdere i punti di riferimento: non soltanto religiosi, ma anche di educazione, di democrazia, di rispetto di sé e degli altri. Credo che tutte le “agenzie educative” debbano interrogarsi seriamente sul loro ruolo. Una generazione che ragiona sul “nulla”, porta a nulla…».

In che modo la Chiesa può rispondere ad una mentalità “della violenza” diffusa tra i giovani? 

«La Chiesa è chiamata a rispondere a questo “vuoto”, non solo dando delle regole, che del resto dovrebbero far parte delle basi educative di qualsiasi uomo, ma soprattutto deve rispondere con una proposta costruttiva, bella, attraente, dove il rispetto per gli altri, ma prima di tutto per sé stessi, ha dietro un progetto di vita felice e intelligente. Perché un uomo che vive per distruggere tutto, per il piacere di farlo, non ha alcun progetto, ma solo un grande vuoto. Credo che in questo i giovani siano vittime di una società che ha capovolto i valori. I giovani devono essere educati a costruire il proprio futuro, anche cambiando le cose che non vanno, ma sempre con un intento di voler realizzare qualcosa di bello e di grande. Quando si mettono al primo posto i soldi, l’egoismo, la sopraffazione, la furbizia, la superficialità nei rapporti umani…non si passano valori alle nuove generazioni, ma un grande “senso di vuoto”. E in questi “valori capovolti” i giovani vivono una grande delusione, nel profondo non lo accettano, perché vorrebbero “grandi ideali”, invece si vedono davanti queste prospettive “misere”: e da lì scoppia il senso di vuoto e la violenza, un desiderio di distruggere sé e gli altri ».

Per informazioni:

https://www.facebook.com/epocheinstitute?fref=ts

http://www-3.unipv.it/webdsps/it/docente.php?id=cordini

@donAntonioRai

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