Giotto: Milano, palazzo Reale, Polittico Stefaneschi e altro

Giotto: Milano, palazzo Reale, Polittico Stefaneschi e altro

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

Opere di Giotto in mostra a Milano, palazzo Reale. Dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio 2016.

Giotto, Polittico Stefaneschi, 1320, tempera su tavola, 78x89 cm pannello centrale, 168x83 pannelli laterali e 45x83 gli scomparti della predella, Pinacoteca Vaticana.

Giotto, Polittico Stefaneschi, 1320, tempera su tavola, 78×89 cm pannello centrale, 168×83 pannelli laterali e 45×83 gli scomparti della predella, Pinacoteca Vaticana.

Dal 2 settembre al 10 gennaio, a Milano, presso alcune sale di Palazzo Reale, sito in piazza Duomo saranno esposte ben tredici opere del grande maestro Giotto. Un mostra che si rivela occasione di grande importanza per celebrare uno dei maggiori artisti italiani, in una città che sta ospitando gente di tutto il mondo in occasione di Expo 2015. Ancora, una mostra unica in quanto vanta, anche, l’onore di esporre un’opera mai uscita prima dai Musei del Vaticano: il Polittico Stefaneschi, un’opera donata dal cardinale Jacopo Caetani Stefaneschi per l’altare maggiore della Basilica di San Pietro, registrata nel Liber Anniversarium della Basilica. La fama di Giotto è internazionale ed anche Dante Alighieri lo aveva citato nella Divina Commedia, Purgatorio, canto XI: «Credette Cimabue nella pittura / tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, / sì che la fama di colui è scura». Non lo aveva taciuto nemmeno Giovanni Boccaccio nel Decameron, precisamente nella quinta novella della sesta giornata: «ebbe un genio di tanta eccellenza, che nieuna cosa dà la natura, madre di tutte le cose ed operatrice con continuo girar de’ cieli, che egli con lo stile e con la penna e col pennello non dipignesse sì simile a quella, che non simile, anzi più tosto si truova che il visivo senso degli uomini vi prese errore, quello credendo esser vero che era dipinto. E per ciò, avendo egli quella arte ritornata in luce, che molti secoli sotto gli error d’alcuni che più a dilettar gli occhi degl’ignoranti che a compiacere allo ‘ntelletto de’ savi dipignerano, era stata sepulta, meritamente una delle luci della fiorentina gloria dir si puote». La formazione di Giotto non è stata ricostruibile per intero, in quanto ci sono giunte frammentarie notizie, ma si sa con certezza che aveva iniziato a formarsi presso la bottega di Cimabue, come giustamente scrive Dante. Tra le fonti in cui attingere informazioni si possono citare la Nuova Cronica di Giovanni Villani del 1340 circa e il Centiloquio di Antonio Pucci del 1371. Entrambi riportano come anno di nascita il 1266 a Vespignano nel Mugello, in provincia di Firenze, stessa città in cui morì giorno 8 gennaio 1336, ormai riconosciuto da molti per la sua preziosa attività aveva potuto godere di una solenne sepoltura presso la Basilica di Santa Croce a Firenze. Giorgio Vasari, che ha dedicato anni alle biografie dei principali artisti, nelle Vite, del 1550, ha dedicato una prima ricostruzione della biografia di questo eccellente artista, in cui è posta in risalto la committenza ad Assisi, per il ciclo pittorico del Santo Francesco, purtroppo non firmata ed ancora oggi ritenuta e non certa come opera di Giotto, ma per i caratteri che la costituiscono non si può negare sia opera della sua maestranza.

«Vita di Giotto. Pittore, scultore et architetto fiorentino. – Quell’obligo stesso che hanno gl’artefici pittori alla natura, la qual serve continuamente per esempio a coloro, che cavando il buono dalle parti di lei migliori e più belle, di contrafarla et imitarla s’ingegnano sempre, avere per mio credere si deve a Giotto pittore fiorentino; perciò che essendo stati sotterrati tanti anni dalle rovine delle guerre i modi delle buone pitture e i dintorni di quelle, egli solo, ancora che nato fra artefici inetti, pur essendo stati sotterrati tanti anni dalle rovine delle guerre i modi delle buone pitture e i dintorni di quelle, egli solo, ancora che nato fra artefici inetti, ridusse, che si potette chiamar buona. E veramente fu miracolo grandissimo, che quella età e grossa et inetta avesse forza d’operare in Giotto sì dottamente, che il disegno, del quale poca o niuna cognizione avevano gl’uomini di que’ tempi, mediante lui ritornasse del tutto in vita. E nientedimeno i principii di sì grand’uomo furono l’anno 1276 nel contado di Firenze, vicino alla città quattordici miglia, nella villa di Vespignano, e di padre detto Bondone lavoratore di terra e naturale persona. Costui avuto questo figliuolo, al quale pose nome Giotto, l’allevò secondo lo stato suo costumatamente. E quando fu all’età di dieci anni pervenuto, mostrando in tutti gli atti ancora fanciulleschi una vivacità e prontezza d’ingegno straordinario, che lo rendea grato non pure al padre, ma a tutti quelli molto maggiore e sapeva in tutte le cose chiaramente dimostrare. E perché, oltre quello che aveva Giotto da natura, fu studiosissimo, et andò sempre nuove cose pensando e dalla natura cavando, meritò d’esser chiamato discepolo della natura, e non d’altri (…)». Tratto da Le Vite, di Giorgio Vasari, 1550.

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