Gino Astorina ospite a “Salotto di Giustizia”

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

 

Gino Astorina, attore catanese parla di Giustizia e ne svela un carattere teatrale.

Gino Astorina, attore, Salotto di Giustizia, 19/06/2015.

Gino Astorina, attore, Salotto di Giustizia, 19/06/2015.

L’avvocato Giuseppe Lipera mi racconta: «Il 19 giugno 2015 è andata in onda la 35ª puntata di “Piazza Verga” (canale 215, “Sestarete”) con un ospite davvero eccezionale e inusuale: il famoso attore catanese Gino Astorina. Molti si chiederanno: cosa c’entra Gino Astorina col “Salotto sulla Giustizia”? La risposta l’ha data la trasmissione stessa: con estrema semplicità, ma anche ovviamente con un pizzico di ironia e sottile satira di grande artista, Gino Astorina – amato davvero da tutti i catanesi (dal popolo principalmente, e sicuramente anche dai ceti “altolocati”) – ha risposto alle domande interpretando il pensiero dell’uomo della strada. Cosa rappresenta il Palazzo di Giustizia per la gente? Che similitudine si può fare tra il teatro e un’aula di tribunale? Cosa ci hanno insegnato e tramandato scrittori come Nino Martoglio o Leonardo Sciascia? Che requisiti deve avere un giudice secondo il pensiero del popolo? Questi i temi venuti fuori nel corso della simpaticissima conversazione con Peppino Lipera, come al solito libera, informale e senza censure, in cui si è avuto modo, tra l’altro, di ricordare l’indimenticabile figura del mitico attore catanese Turi Ferro».

Da sx, Gino Astorina, attore e Avv. Giuseppe Lipera,  Salotto di Giustizia, 19/06/2015.

Da sx, Gino Astorina, attore e Avv. Giuseppe Lipera, Salotto di Giustizia, 19/06/2015.

Un puntata su un tema serio, ma affrontato con allegria, che ben si rispecchia nei due bicchieri d’acqua che i due protagonisti ordinano seduti al bar di piazza Verga: acqua naturale (tema serio) e acqua gasata (allegria). Astorina dice: «Il Palazzo di Giustizia visto da qualsiasi catanese incute rispetto e quello che accade dentro desta curiosità. Nelle aule c’è una ritualità e vi sono degli attori, che in un certo senso rappresentano un qualcosa di serio». Accenna, poi, a degli aspetti teatrali, a riti addirittura liturgici. Come tutti sanno, la Santa Messa stessa è un mettere in scena qualcosa che è accaduto in passato: la celebrazione eucaristica è un ripetere e rivivere l’ultima cena di Gesù e dei Suoi discepoli. Astorina ha avuto l’abilità di rispolverare un antico concetto che rimane sempre attuale. Nei Palazzi di Giustizia si ricostruiscono i fatti per illustrarli al giudice, cui spetta l’arduo compito di giudicare. La nostra cultura ha perso, ormai, il concetto del foro cittadino, in cui le questioni giuridiche erano trattate in pubblico e la struttura chiusa di oggi, ne delimita quasi una soglia, che pochi sanno di poter varcare per poter assistere. Astorina, ancora, illustra la figura di un giudice che nel suo arduo compito del “giudicare” deve entrare a diretto contatto con il popolo: «Nino Martoglio descrive il Palazzo di Giustizia offre una chiave di lettura di un giudice che per poter giudicare deve capire il tessuto sociale senza filtri». Lui stesso, da artista, dice di aver scelto di vivere a contatto con il pubblico, per toccare la realtà della sua città, senza nessuno schermo, prendendo l’autobus, andando a fare la spesa e dialogando con chi incontra. Da tutta la discussione emerge il luogo del teatro vissuto come una dimensione classicheggiante degli antichi drammi ellenistici, finalizzati a diffondere la cronaca del tempo. I processi sono citati da Astorina come un vero e proprio dramma: capaci sia di appassionare sia d’illustrare e d’informare su una realtà che ci appartiene, perché parte del nostro quotidiano, della nostra storia. Quello che emerge è una sorta di ambiguità in cui vi è una svalutazione della realtà che può essere minacciata dalla finzione e deve essere, invece, setacciata, scrutata, messa alla prova. Se citiamo l’uomo primitivo, ad esempio, questo era solito praticare il rito della caccia tracciando per terra un solco che delineava il luogo in cui rappresentava, mimava, prefigurava una situazione che già conosceva e aveva vissuto. Lo stesso accade in un’aula di un tribunale, dove gli attori che ne prendono parte rivivono il passato, per illustrarlo al giudice. Si ha una vera e propria mimesis in tribunale, come in teatro, e si assiste ad una devastazione del tempo attraverso rievocazioni e anticipazioni. Il rapporto tra scena e platea assumere un carattere seduttivo e qui si gioca la bravura degli avvocati. Gassman, in un’intervista avvenuta a Roma, in Piazza San Pietro, il 10 novembre 1996, ha spiegato come l’esperienza aiuta a dare alle parole un accento diverso: l’importante non è il dire, ma come dire. Intonazione della voce, postura, pronuncia, suono, sono tutti elementi indispensabili in una comunicazione e svelano non solo i fatti, ma soprattutto l’animo umano. Il messaggio che Astorina ha comunicato citando Martoglio ha in se un concetto molto importate che è simile all’eclissi: in qualsiasi tipo di rappresentazione, infatti, si assiste ad una scena in cui qualcosa si interpone tra chi guarda e l’oggetto da guardare. La visione di chi giudica, invece deve essere pura e questo può avvenire solo attraverso un contatto diretto con la realtà. Giustamente, Astorina sottolinea il fascino delle arringhe e il suo elogio diviene un invito a parteciparvi come se fosse uno spettacolo teatrale. Sorride dicendo: “dovrebbero fare pagare il biglietto al pubblico”.

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