Chiusa una strada si apre il deliro: Catania, via Dusmet

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

Il sindaco Bianco chiude via Dusmet provocando danni e minaccia di morte per “A Piscaria”.

 

"Piscaria", Catania.

“Piscaria”, Catania.

Se chiusa una porta si apre un portone -dice un detto popolare- chiudendo una strada si apre un delirio! Questo è quanto sta vivendo la città di Catania. La chiusura di via Dusmet è stata un vero e proprio colpo al cuore del commercio catanese, che seppur in un periodo di crisi, sopravviveva della storica e folcloristica consuetudine cittadina.

Sì, è vero che viviamo in un’era in cui affollano grandi centri commerciali e vendite on line, ma ogni città vanta da secoli del proprio mercato. Non si tratta solo del luogo in cui si ha un rapporto familiare con il venditore a cui si presta fiducia da generazioni di famiglie, ma si tratta più che altro di quello che l’antica Grecia chiamava “agorà”: il centro, il cuore di un centro abitato, un luogo di incontro in cui respirare e assaporare quanto offre la propria terra.

In ogni città che si visiti i mercati destano il loro fascino tanto quanto le cattedrali e i musei, perché in questi luoghi di strada vive la popolazione e ne si apprendono usi e costumi. Tra il vociare in dialetto catanese vivono e si animano i frutti di una terra che già soffre di tante sofferenze: qui i momenti di shopping divengono evasione e immersione in un tempo senza confini, in cui ieri e oggi non hanno soglie. Uno spazio cittadino sospeso tra tempo di progresso e tempo scandito dai cuori. Ferire il mercato di una città è sì colpire il commercio e favorire la disoccupazione, ma è ancora di più privare una città della sua origine e natura colpendola nell’anima che sostenta tutto il resto. Non dimentichiamoci di essere esseri umani e come tali di aver la necessità principale di sfamare il nostro corpo: tutto ciò che concerne la sfera grottesca nella nostra vita è strettamente legato alla piazza e al mercato.

Pensiamo, ad esempio, ad una madre di famiglia di un ceto basso, che si sveglia la mattina, termina il latte per sfamare i propri figli, apre il frigorifero e si accorge di non avere più nulla per il pranzo. Allora, si affretta a prepararsi per uscire, conta i soldi da portare con sé e si reca al mercato. Cosa trova in questo luogo? Prima di tutto un clima di festa e allegria che la distrae da pensieri e preoccupazioni; poi, sorrisi di volti familiari e non che la fanno sentire viva e inserita in un contesto sociale in cui ormai, si respira la solitudine e la freddezza della tecnologia.

Nel mercato rimane tutto vivo e concreto e se il venditore annusa il profumo della sofferenza sconta il prezzo senza digitare meccanicamente un codice a barre, così come fiuta da lontano i suoi prodotti per percepirne la genuinità, sa anche annusare l’animo dei compratori.

Ecco perché chiudere una strada apre un delirio! Perché nel mercato scorre l’umanità di un popolo. Quello stesso popolo che ha eletto un sindaco riponendo in lui fiducia e non sfiducia. Chiudere il mercato diventa, quindi, un gesto che manzonianamente parlando “non sa da fare” per tanti e tanti motivi a cui si aggiunge quello di trasformare un sindaco in un tiranno ed il tiranno più famoso della Sicilia è quello citato da Dante, nel canto XXVIII dell’Inferno: quello che fece costruire un bue d’oro come mezzo di tortura per i suoi cittadini e che invece si rivelò il mezzo della sua stessa fine.

News del 20/01/2017, si consiglia la lettura dell’Intervista a Marco Benanti dal titolo “Catania piange i danni del suo sindaco” e “Catania agonizza per le scelte dettate dal suo sindaco”.

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