Alda Merini “ha il primato fra i dolci sapori”

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

 

Il Mistero nel “Poema della Croce” di Alda Merini.

 

merini-aldaL’ape è piccola tra gli esseri alati, ma il suo prodotto ha il primato fra i dolci sapori” questa è una frase tratta dal libro del Siracide 11, 3, che ben si adatta alla poetessa Alda Merini, non solo in quanto si definiva “ape furibonda”, ma per i “dolci sapori” che hanno le sue poesie. Tra tutte le sue opere il “Poema della Croce” musicato dal Maestro Giovanni Nuti è stato rappresentato il 13 ottobre 2006, presso il Duomo di Milano ed è stato immortalato da un video, ancora presente su YouTube ( http://www.youtube.com/watch?v=u5JEeJ3YafI ). Alda Merini apre la scena, con un incipit dedicato alla Madre di Dio:

« Maria non venne fecondata da alcuno, / eppure generò come il poeta / cui basta uno sguardo per riavere la sua stanza nel mondo. / Questo che gli uomini chiamano amore / non è altro che l’estensione / della potenza biblica che ancora vive / nei nostri momenti di agonia. / L’agonia non esiste se non c’è un / lungo sonno / che ci fa leggere i migliori libri di / questa terra. / Maria venne quindi fecondata dalla sua cecità, / per non aver mai voluto guardare in / fronte il peccato, / e fu questa ignoranza divina / che la pose al centro / di ogni privilegio materno».[1] Poi, la voce di Giovanni Nuti pronuncia una frase che conduce nel cuore dell’amore: « Perché l’uomo? / perché questo commento universale / agli attacchi dell’amore divino?». Quindi, il canto: « Ogni volta che nasce un uomo / Dio è attaccato dal suo amore. / Ogni volta che nasce un uomo / Dio conosce i tormenti del parto (…)».[2]

I “tormenti del parto” coincidono con i tormenti della croce, perché si genera attraverso la sofferenza. Nelle Sacre Scritture l’ora della croce coincide con l’ora del parto, in cui nasce l’Uomo nuovo a immagine di Dio. Una donna dopo aver partorito il suo bambino non ricorda più l’afflizione, perché si ritrova invasa dalla gioia. Ma, quest’uomo che nasce è anche ciascuno di noi, che attraversa la difficoltà, testimonia l’amore, perché nasce come figlio di Dio. Si tratta dello stesso mistero della fecondità del chicco di grano, che muore per portare frutto spiega e giustifica come l’afflizione e la tristezza non vanno evitate, perché fanno parte della vita e servono per generare. La sofferenza feconda la vita e coincide con il momento dello stacco dal feto materno: se non ci fossero le doglie il figlio non si staccherebbe e non verrebbe al mondo. Questo è il mistero della Croce, tramutato in “Poema” da Alda Merini. Nel vangelo di Matteo 5, 11 è scritto: “beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno…” in quel giorno rallegratevi e danzate di gioia.  San Francesco d’Assisi diceva: “considerate perfetta letizia fratelli miei quando subite ogni sorta di prove”. Non si tratta di masochismo, ma la prova, ‘prova’ quanto vali, prova la forza del tuo amore così, anche Pietro dice ai Cristiani “Siate colmi di gioia” e ancora, vi è l’esempio dell’oro che si purifica solo nel fuoco. La Merini, nel corso della sua vita ha vissuto la guerra con le sue miserie, agonie e povertà, poi da ragazza è stata addirittura provata dal fuoco del manicomio, ma queste prove le ha accettate come amore e ha generato da poeta la sua gioia. Lei stessa si definiva “poetessa della gioia”. Un’esperienza di vita simile ai versi del Salmo 30 (29), 12 : “Tu hai mutato il mio lamento in danza, la mia veste di sacco in abito di gioia”. L’esperienza della croce l’ha vissuta anche lei. In un’intervista del 2007 disponibile su YouTube al link http://youtu.be/WwHlFgaF9RA Alda Merini dice: «La cosa più bella che ho avuto dalla vita, malgrado i dolori, sono i miei quattro figli (…) vedere nascere un bambino dal corpo è una delle cose più belle e più emozionanti e Dio da la forza di vivere e di fare cose miracolose. Il figlio da uno stimolo incredibile (…) uno dei più grandi amori della mia vita sono stati i figli (…) la forza di reagire ti soccombe, perché l’uomo è uomo, come muore ad un certo punto cade, l’uomo non ha una forza di reagire e la voglia di reagire può essere come una vocazione di San Francesco, che prende e rapisce, una grande forza extra terrena, una forza universale, il destino il fato che dice “lei non doveva morire ed è sopravvissuta”. Noi non possiamo sapere quali sono i disegni di Dio, infatti la nostra ignoranza e il nostro sta male è il continuare a chiederci “perché, perché, perché” non c’è una spiegazione (…) io mi lascio vivere (…) non avrei mai pensato di arrivare all’età di settantasette anni (…) però, adagio adagio, giorno per giorno, io ho avuto delle grandi soddisfazioni dovute anche a delle mani amichevoli, che non avrei sospettato, mentre, invece, sono stata tradita da quelli che amavo».

L’album musicale “Poema della croce”, contiene quindici brani, tratti da libro il “Poema della Croce”, da cui prende lo stesso nome. Alcuni sono cantanti da Nuti, altri letti dalla Merini: 1. Per Farti Felice, 2. Come Una Corda Di Violino, 3. Io Credo Madre, 4. Quante Lacrime, 5. Dominai I Suoni, 6. Ruota Verso Di Me La Tua Passione, 7. Di Notte, 8. Quel Volto, 9. Tutti Gli Uccelli, 10. La Madre, 11. Il Legno, 12. Ti lascio Giovanni, 13. Quella Manciata Di Rose,  14. Eterna Natura, 15. Madre e Figlio. Il filo conduttore è tutto incentrato nella vita e passione di Cristo. Dal concepimento alla morte in croce: “su un legno che dimostrava che Lui figlio di un falegname non poteva essere Dio”.[3] Immagini catturate come da un sogno, una visione del dramma visto da vicino, vissuto da spettatore, con l’ingenuità e la purezza di un fanciullo. Sembra quasi che la poetessa abbia visto queste scene, come l’episodio in cui Santa Chiara aveva visto il transito di San Francesco proiettato su una parete del convento. Ne scaturisce una ricchezza tale di sequenze che il brano potrebbe, anche divenire un testo teatrale.

Gesù, bambino e figlio, è amorevole con la madre al punto di dire: “per farti felice camminerò sull’acqua (…)camminerò sul cuore delle genti”.[4] Un Gesù che esclama: “ sono un bambino felice” ma, già sa quale destino lo attende e continua dicendo: “sarò colui che camminerà con Te sulle acque dell’incredulità”.[5] Da ragazzo è “il figlio più bello della Palestina”,[6] ma anche il più solo, “nato nel silenzio, sono stato concepito nel silenzio. Sono stato il fuggiasco del silenzio”.[7] Da uomo va a  “patteggiare con il demonio”,[8] muore in croce e risorge.

Maria è fanciulla, adolescente, la descrizione della Merini mi fa pensare ad un bocciolo di rosa che non sboccia e non appassisce. Gesù “la baciava sui capelli e la chiamava giovane e la considerava ragazza: Maria figlia di Gesù”.[9] Descritta come “rimasta impigliata nei capelli dell’angelo[10] e di una bellezza non terrena, di cui Giuseppe aveva grande rispetto. Compare anche l’aggettivo “ignuda[11] noto per essere stato adoperato da Petrarca nei confronti di Laura e da Torquato Tasso per Clorinda; un termine che non indica un corpo svestito, ma talmente bello da destare stupore e da emanare una luce che comunica pudore e allora, ogni sguardo ha il timore di spogliare una bellezza che profuma di santità. Infatti, poi dice anche: “Dio Ti ha coperta per non far vedere che le Tue spalle tremavano d’amore”.[12]  Ancora, ne esprime la purezza con il verso: “Tu baciassi tutti e non baciassi nessuno”.[13] L’episodio dell’annunciazione è descritto come: “quella voce che Ti ha percossa come un nubifragio l’addio del messaggero celeste”.[14] Nel momento della passione della croce Maria è protetta dalla natura impersonificata dagli uccelli: “Tutti gli uccelli si addensavano intorno a quel fiore di grazia(…) Tutti gli uccelli abbarrarono il velo / sul volto di Maria, / affinché non vedesse lo scempio della Sua carne[15] e infine, il saluto del Figlio: “Giovanni ha sentito il mio cuore, / il battito dello spezzare del pane. / Adesso io verrò spezzato in mille parti / e darò da mangiare a tutte le genti (…)ti verrò a prendere, / come tutti gli innamorati / che hanno lasciato vedova / una bambina”.[16] Un racconto che si conclude con una pioggia di petali di rose: “e fa piovere dal cielo / quella manciata di petali di rose / che noi umani chiamiamo cristianesimo”.[17]

[1] ALDA MERINI, Mistica d’amore, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 2008, pp. 167-168.

[2] Ibidem, pg. 211.

[3] Dal brano Quel Volto e in Ibidem a pg. 205.

[4] In “Per Farti Felice” e in Ibidem pg. 172.

[5] Ibidem pg. 169.

[6] In “Domina i Suoni” e in Ibidem a pg. 180.

[7] In “Ruota Verso Di Me La Tua Passione” e in Ibidem a pg. 221.

[8] In “Come una corda di violino” e in Ibidem a pg. 174.

[9] In “La Madre” e in Ibidem a pg. 165.

[10] In “Domina i Suoni” e in Ibidem a pg. 180.

[11] Ibidem pg. 181.

[12] In “Quante Lacrime” e in Ibidem a pg. 171.

[13] In “Per Farti Felice” e in Ibidem a pg. 173.

[14] In “Io credo Madre” e in Ibidem a pg. 169.

[15] In “Tutti gli uccelli” e in Ibidem, pg. 224.

[16] In “Ti Lascio Giovanni” e in Ibidem pg. 239 e 242.

[17] In “Quella Manciata Di Rose” e in Ibidem pg. 233-234.

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