“Parla come mangi!”: è solo un detto?

“Parla come mangi!”: è solo un detto?

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

Intervista alla Dott. Francesca Boveri, psicologa, Pavia.

 

 

Dott. Francesca Boveri.

Dott. Francesca Boveri.

Si parla tanto di sana e corretta alimentazione, Le chiedo se esiste una sana e corretta comunicazione?

 

«Quando si parla di comunicazione, generalmente ci si riferisce alla sua efficacia ed assertività: una comunicazione assertiva è quella che massimizza la nostra probabilità di raggiungere i nostri scopi, mantenendo nel contempo un buon rapporto con gli altri. Essere assertivi, cioè, vuol dire esprimersi senza ansia e difendere i propri diritti, ma senza violare o calpestare quelli degli altri[1].  Ecco, allora, che una comunicazione efficace ci può consentire di raggiungere i nostri scopi personali in collaborazione con gli altri, trovando un equilibrio, una mediazione soddisfacente tra le nostre esigenze ed i nostri diritti e quelli delle altre persone che vivono nel nostro contesto sociale, familiare o lavorativo. Una comunicazione assertiva è una comunicazione “sana”, perché favorisce il nostro benessere e, in una sorta di circolo virtuoso, quello delle persone con cui comunichiamo; è una comunicazione “corretta” perché adeguata, realisticamente positiva, sincera, simmetrica e rispettosa».

Rimanendo sul tema della prima domanda, quali sono i linguaggi spazzatura?

 

«I linguaggi spazzatura, rimanendo in quest’ottica, potrebbero essere equiparati a quelle modalità comunicative che sono dannose o perché ci impediscono di raggiungere i nostri obiettivi, di esprimere le nostre opinioni o le nostre emozioni o perché, al contrario, sono improntati alla prevaricazione ed all’esercizio del potere a scapito degli obiettivi, delle esigenze o addirittura dei diritti altrui.

Una modalità comunicativa aggressiva, basata sull’insulto, sulla minaccia o sull’umiliazione dell’altro, può spaventare e mettere in soggezione e, pertanto, può essere efficace nel consentirci di ottenere ciò che vogliamo (ammesso che la persona o le persone che ci stanno di fronte non reagiscano dando il via ad una “prova di forza” che potrebbe innescare una scontro, dall’esito non sempre prevedibile); tuttavia, un uso consueto di modalità comunicative aggressive danneggia le relazioni sociali, creando il vuoto attorno a chi le utilizza.

Una modalità comunicativa passiva, invece, è quella che, ad esempio, ci porta a dire sempre di sì – anche contro ai nostri interessi – o a scusarci ripetutamente ed in eccesso anche di fronte a critiche solo parzialmente giustificate o completamente ingiustificate. Il comunicare in questo modo, se fatto in maniera consueta o prevalente, porta spesso ad accumulare rabbia e frustrazione, fino ad arrivare, nel corso degli anni, a minare l’autostima individuale, esponendo la persona al rischio di insuccessi e di crolli depressivi».

Quale potrebbe essere una sana “dieta” della comunicazione?

 

«A livello comunicativo è molto importante, innanzitutto, essere in contatto con le proprie emozioni, i propri vissuti, i propri obiettivi personali e le proprie esigenze. Esprimersi all’esterno, mantenendo un adeguato livello di attenzione verso i sentimenti e le esigenze dell’altro, aiuta a raggiungere i propri scopi attraverso un approccio collaborativo, in grado di nutrire la nostra autostima e di rafforzare le relazioni sociali, amicali, familiari e lavorative.

Andare in questa direzione significa, ad esempio:

  • prendersi la responsabilità delle proprie opinioni ed emozioni, ricorrendo prevalentemente ai cosiddetti “messaggi – io” → ad es.: “io mi sento arrabbiato” anziché “tu mi fai arrabbiare”, “io penso/ritengo/credo…”, “Secondo me…”;
  • esprimere i propri vissuti, sentimenti ed emozioni → ad es.: “Mi sento triste, perché…”, “Mi sento come se fossi in gabbia”, “Mi sono sentito svalutato/preso in giro/offeso quando…”
  • rivolgere la propria critica ai comportamenti, anziché alle persone, proponendo delle alternative costruttive → ad es: “Non mi piace sentire gridare; le cose si possono dire in modo calmo, senza alzare la voce” anziché: “Sei un maleducato!Non gridare!”
  • saper dire di no, proponendo una soluzione alternativa → ad es.: “Domani non riesco ad aiutarti a fare questa cosa, ma se vuoi possiamo farla la settimana prossima, quando avrò più tempo/ma posso sentire Giovanni se riesce a darti una mano”

Esprimersi, collaborare, esercitare la capacità di mettersi nei panni degli altri, costituiscono, in linea generale, i presupposti per una comunicazione “sana e corretta”.

C’è ancora un aspetto importante, però, in grado di “nutrire” correttamente la nostra autostima e le nostre relazioni: si tratta della capacità di fare e ricevere complimenti. Comunicare agli altri il nostro apprezzamento, quando è sentito e sincero, specificandone i motivi, vuol dire prendersi cura dei nostri rapporti sociali, consolidandoli e migliorandone la qualità nel tempo. Allo stesso modo, diventa importante autogratificarsi quando ce lo meritiamo ed accettare gli apprezzamenti altrui quando ci vengono rivolti. E’ sufficiente guardare l’altro negli occhi, sorridergli e dire: “Grazie!”».

[1]          Alberti, Emmons, 1974

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