Kjell Espmark: Lo spazio interiore

Kjell Espmark: Lo spazio interiore

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

 

Traduzione di Enrico Tiozzo. Prefazione di Corrado Calabrò. Titolo originale: Den inre rymden, Stockholm, 2014 © Kjell Espmark. Aracne editrice.

 

11024775_1667359730162542_733096686102992129_oLa poesia scaturisce spesso da un’immagine, un ricordo, un incontro, una carezza, un tramonto o un fiore che sboccia, una gioia inaspettata, una sorpresa, addirittura da qualcuno che ci vuole bene. Tutti elementi che condiscono la nostra vista, ma che sono colti solo dagli animi sensibili. Riccardo Cocciante cantava: “poesia, sembra che non ci sia”. Enigmatica, impalpabile, celata come spesso la felicità, eppure, parte di noi, composta dalle nostre stesse emozioni. Nel libro di Kjell Espmark, “Lo spazio interiore, vincitore del XXVII premio internazionale letterario Camaiore, 2015, si legge uno stile poetico incentrato al «far risuonare, alte e forti, le voci dell’estremo Nord, con le sue ombre profonde e le sue accecanti luci strettamente legate al gio­co sottile e spesso impenetrabile dei sentimenti e della complessità dei rap­porti umani, voci vibranti, commoventi e appassionanti come lo spettacolo indimenticabile delle aurore boreali o come il miracolo di quel colore viola che dipinge il cielo di Stoccolma nei tramonti di primavera». La prefazione curata da Corrado Calabrò evidenzia come ci sia «ancora spazio, c’è ancora un senso per la poesia oggi? Viviamo in un tempo in cui si parla tanto: al telefono, via SMS, per e–mail, in televisione. Eppure, in tanta sovrab­bondanza, il bisogno della poesia, della scrittura poetica, na­sce, paradossalmente, dall’insufficienza del linguaggio- eppure- La poesia di Kjell Espmark lancia invece questa sfida. Il suo spirito è quello dei grandi pensatori del nord metafisico delle ricerche di assoluto. Un’interrogazione, la sua, incalzante e insaziata, una ricerca, al tempo stesso sommessa e esigente, del massimo avvicinamento possibile tra l’intravisto e il rap­presentato». Si tratta di una raccolta di versi che implica nel lettore una disponibilità a viaggiare tra passato e futuro senza soglie da varcare. Tutto inizia come in una favola “C’è nebbia come nel mattino dei tempi” e ci si inabissa in un percorso tanto fantasioso quanto realistico, in cui chi percorre il viaggio teme “solo che il giorno estremo non possa chiamarsi Giustizia”. La vita descritta da questi versi ripercorre tratti del mondo esterno e tratti interiori della psiche umana, che appaiono intrecciati seppur distinti. Il tempo risulta scandito da cronologia, ricordo, percezione, attesa e sogno, tutti uniti da una forma di connubio perfetto che ne dà armonia e musicalità. Un libro da leggere per partire verso mete distanti eppure vicine, ma senza valigia e senza mezzi trasporto se non la passione per la lettura.

 

 

 

 

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