Harald Szeemann, L’arte di creare le mostre, Fausto Lupetti editore

Harald Szeemann, L’arte di creare le mostre, Fausto Lupetti editore

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

 

Un libro dal ricco apparato iconografico per spiegare come secondo Harald Szeemann “allestire è amare”.

Harald Szeemann

Harald Szeemann

Questo volume edito da Fausto Lupetti editore, contiene una postfazione a cura di Giacinto Di Pietrantonio ed è stato scritto da Ambra Strazzone, critico d’arte e curatrice di mostre, docente di Storia dell’arte contemporanea, presso l’Accademia di Belle Arti di Catania, autrice di numerose pubblicazioni su giornali, riviste e cataloghi di mostre e componente del comitato curatoriale della GAD-Galleria d’Arte contemporanea e Design di Catania. Il testo si struttura in dieci capitoli che rispecchiano quello che è stato il percorso dell’artista: Arte/Mostra/Museo; Clima culturale; Mostra=Evento; Lavoro spirituale (all’estero); Mitologie individuali; Museo delle ossessioni; Poesia nello spazio; Intenzioni intense; Interrelazioni; Continua […]. Ad aprire l’opera, una frase emblematica di Szeemann: «L’allestimento dell’arte è la visualizzazione del piacere del rapporto con l’arte e della combinazione delle possibilità che da essa scaturiscono proprio quando la si ritiene autonoma. Allestire è amare». Un amore che si animava come energia positiva, tra un “caos ordinato” di oggetti, spazio e persone, esposti come specchio e tramite della sua stessa poetica. Uno spazio in cui astratto e concreto convivevano in un perfetto connubio per trasmettere novità, fermento, riflessioni. Una sorta di “matrimonio spirituale” in cui le opere potevano respirare, attraverso un linguaggio tra spazio e opera non verbale, ma reso possibile e percettibile da emozioni, sensazioni e immaginario stimolato dal visibile. Il tutto protetto in una sfera architettonica modellata secondo il proprio contenuto, rispettandone natura e conformazione. Una forma protettiva d’amore ai livelli della poetica del “Piccolo principe” di Antoine de Saint-Exuoéry, in cui la rosa ha bisogno di un paravento, di sole, di tanti piccoli accorgimenti, per poter sprigionare tutta la sua bellezza e il suo profumo. Una sfera in cui i soggetti artistici potevano addirittura manifestarsi sensuali e magnetici, grazie anche a vere e proprie messinscene. La sua era una vera “ossessione” «come diceva, una carica utopica, manifesta o sotterranea, una necessità, una forza che scavalcasse la forma, gli schematismi, l’appartenenza ad un movimento artistico, per esprimere visioni, sogni, speranze, desideri, incubi». Si parla, infatti, di “idea al chiodo”, perché, senza uno schema di partenza, costruiva passo dopo passo curando tutti i minimi dettagli di ideazione, progettazione, organizzazione, catalogo, allestimento, eventi collaterali. Un sentimento verso l’arte che secondo Lui doveva essere esposta e non celata, perché bisogna mostrare ciò che si ama e porlo in luce nell’ambiente più idoneo, tra colori, profumi, suoni, tessuti, spazi. Un museo, quindi in cui l’arte doveva vivere e far sentire il suo respiro, come anche questo volume, riesce a far percepire al lettore l’alito di Szeemann, attraverso Sue frasi, risposte ad interviste, foto, disegni, racconti. Sembrerebbe addirittura più che un volume, una mostra tra le pagine, ideata secondo i Suoi insegnamenti capace di trasmettere energia e permettere di amare l’artista, la Sua poetica e le Sue opere.

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