di Tiziana Mazzaglia
È sufficiente un grembiule attillato, una scollatura accentuata e un tono di voce languido per trasformare la professoressa, figura chiave della formazione e della cultura, in un oggetto di desiderio? Nei film in cui recitava Alvaro Vitali, la scuola veniva spesso ridotta a un palcoscenico di equivoci, doppi sensi e stereotipi sessuali. Ma cosa resta di quella rappresentazione nella memoria collettiva? È solo una caricatura comica oppure ha contribuito, nel tempo, a sminuire il valore educativo della figura femminile nell’insegnamento? In un’epoca in cui si lotta per la parità e il rispetto, vale la pena interrogarsi su quanto cinema e cultura popolare abbiano influenzato (e continuino a influenzare) la percezione delle donne, anche in ambiti fondamentali come la scuola. La figura della professoressa nei film interpretati da Alvaro Vitali, come “La professoressa di scienze naturali” (1976), è emblematica di un’epoca del cinema italiano in cui l’immagine femminile era spesso oggetto di stereotipi e sessualizzazione. In queste commedie sexy all’italiana, la professoressa è rappresentata come una giovane e avvenente insegnante che, più che per le sue competenze didattiche, attira l’attenzione per il suo aspetto fisico, diventando oggetto del desiderio di studenti e colleghi. Questo tipo di rappresentazione rifletteva una società in cui la donna era spesso vista attraverso una lente maschile, riducendo la sua identità a quella di oggetto di piacere. La commedia sexy all’italiana, pur essendo un prodotto del suo tempo, ha contribuito a perpetuare questi stereotipi, influenzando la percezione del ruolo femminile nella società e nel contesto educativo. Oggi, queste rappresentazioni sono oggetto di critica e riflessione, evidenziando l’importanza di una narrazione più equilibrata e rispettosa della figura femminile, soprattutto in ruoli educativi e professionali. La professoressa nei film di Vitali rimane un simbolo di come il cinema possa sia riflettere che influenzare le dinamiche sociali e culturali del suo tempo. Quelle rappresentazioni, nate per far ridere, hanno lasciato un’impronta più profonda di quanto si creda. Hanno contribuito a sedimentare nell’immaginario collettivo l’idea che una donna, anche se professoressa, possa essere valutata più per il suo aspetto che per la sua autorevolezza. Oggi, fortunatamente, il contesto è cambiato: le donne nella scuola sono punti di riferimento culturale, etico ed educativo. Ma la lotta non è finita. Serve consapevolezza per riconoscere gli stereotipi, cultura per decostruirli e rispetto per impedire che l’ironia si trasformi in svilimento. La professoressa, quella vera, non vive nei film comici ma nelle aule, tra libri, sguardi attenti e vite da formare. E lì merita di essere onorata, non ridicolizzata.
