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Il compleanno: radici antiche, simboli perduti e superstizioni dimenticate

di Tiziana Mazzaglia

di Tiziana Mazzaglia

La festa di compleanno ha viaggiato attraverso millenni, muovendosi dal sacro al quotidiano, passando da celebrazioni regali a rituali familiari. Nella Mesopotamia dei re di Lagash, il “dies natalis” segnava la nascita divina dei sovrani con offerte agli antenati e banchetti solari. E nell’Egitto faraonico si celebrava solo l’ascesa al trono, visto come nascita del dio-re, non il giorno di nascita reale. Ma fu tra i Greci che germogliò un rito poetico: dolci tondi di miele offerti ad Artemide, la dea della luna, illuminati da candele, perché la torta assomigliasse al suo bagliore d’argento. Si credeva che il fumo delle fiamme portasse le preghiere al cielo, trasformando la cerimonia in un ponte tra terra e divinità. I Romani, copiando e trasformando, organizzarono compleanni pubblici e privati per uomini celebri, celebrando con torte fatte di farina, miele, noci e olio, il Tesoro del cinquantesimo compleanno, riservato all’élite. Solo nel XII secolo le donne iniziarono a comparire nei registri della ricorrenza. Ci accompagna poi la festa tedesca chiamata Kinderfest, che nel Settecento diede origine alla torta moderna. Al festeggiato venivano offerte tante candele quanti erano gli anni vissuti, plus una in più per l’anno a venire. Il compleanno si consumava lungo l’arco del giorno, fino al desiderio finale prima di spegnere le candele alla sera: unica regola, farlo in silenzio e con un’unica espirazione per far avverare il desiderio. Tra le leggende più strane, gli Aztechi credevano che il giorno di nascita segnasse la predisposizione a virtù o vizi: un bambino nato in un giorno “maledetto” poteva ereditare oscuri presagi astrologici. Jacques Saylor conferma che in certi casi si mentiva sull’effettivo giorno per evitare stigma futuri. Nel Medioevo cristiano, il compleanno era guardato con sospetto, ma poi riabilitato attraverso la commemorazione dei santi. Nella Germania del XVIII secolo, il fuoco delle candele era considerato uno scudo protettivo: si accendevano per respingere gli spiriti maligni che, si credeva, attaccassero chi celebrava la propria nascita. E poi le usanze folkloristiche: in molte regioni d’Italia si tiravano i lobi delle orecchie per augurare longevità; negli Stati Uniti meridionali si riceveva un “pugno d’augurio” per ogni anno vissuto; in Messico si spingeva il festeggiato nella torta come simbolo di convivialità sfacciata; in Asia, al primo compleanno si mette un oggetto simbolico davanti al bambino (dolcetti, penne, soldi…), predicendo così la sua vocazione futura. Un altro rito interessante è il wishbone: in epoca etrusca due persone rompevano la clavicola di pollo secco, e chi otteneva il pezzo più grande vedeva avverarsi un desiderio. Questa tradizione si diffuse in Inghilterra e nell’America coloniale fino ai giorni nostri. Il compleanno non è solo una festa moderna: è un mosaico spirituale che fonde korunazioni divine, offerte lunari, protezioni magiche e voti messi in volo con il fumo delle candele. Dalla Mesopotamia all’antico Egitto, dai Greci ai Romani, fino ai festeggiamenti d’infanzia tedeschi e alle superstizioni popolari, il desiderio di protezione, di fortuna, di futuro ha sempre accompagnato il gesto semplice di spegnere una candela. Una tradizione antica, ancora oggi viva sotto la cera calda e l’ombra di un desiderio non raccontato.

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