Siamo noi a dare il consenso: la consapevolezza inizia nella scuola elementare

Siamo noi a dare il consenso: la consapevolezza inizia nella scuola elementare

di Tiziana Mazzaglia
Intervista a Roberta Manfredini.
Gentilissima, La ringrazio per aver accettato la mia intervista e le chiedo di illustrare l’obiettivo, lo scopo e il percorso che l’ha portata a scegliere il Suo lavoro?

Dott. Roberta Manfredini  Psicologa Clinica - Psicoterapeuta  Sessuologa - Criminologa

Roberta Manfredini 

«La mia scelta lavorativa nasce dalla curiosità e fascinazione nel capire i processi della psiche nelle sue molteplici manifestazioni. Occupandomi di salute, in particolare in area clinica, ritengo fondamentale dedicare parte del mio tempo alla prevenzione attraverso progetti che annualmente propongo alle Scuole di primo e secondo grado in particolare di “Educazione alle Relazioni, all’affettività e alla sessualità” sin dalla scuola materna, come prevede l’OMS, che indica nelle fasce d’età tra i tre e i cinque anni quelle più adeguate per iniziare a parlarne; occorre precisare che ad oggi le numerose proposte di legge al riguardo non si sono mai concretizzate appieno lasciando alle Scuole l’opportunità di proporre iniziative valutando prioritariamente l’aspetto economico da sostenere al riguardo. Lo scopo è quello di adeguare i percorsi educativi alla maggior parte dei Paesi europei che hanno reso l’educazione alle Relazioni, all’affettività e alla sessualità una disciplina curriculare nei programmi educativi in ambito scolastico. In Svezia, dove ho vissuto per alcuni anni, l’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole è  obbligatoria dal 1955. Qui il tema della Parità di Genere è introdotto sin dalla prima infanzia: crescere senza rigide divisioni tra maschile e femminile significa parificare i comportamenti e fornire alle nuove generazioni maggiore libertà di scelta, senza aspettative legate al genere. Nonostante le bambine svedesi mostrino una maggior fiducia nelle proprie capacità rispetto alla media europea, tendono ancora a sottovalutare le proprie qualità in materie come la matematica e le scienze: proprio per questo  è realizzato ogni anno il Tekla Festival, che è una rassegna dedicata alle scienze e alle ragazze. Inoltre, in Svezia, oltre ad un investimento sulla crescita educativa e culturale promuovono politiche finalizzate all’incremento dell’occupazione femminile: infatti mentre in Italia lavora il 40% delle mamme in Svezia lavora l’80% delle stesse e il congedo parentale è ampiamente richiesto e retribuito  per entrambe le figure genitoriali. Occorre sottolineare quanto i temi relativi all’ educazione alle relazioni, all’affettività e alla sessualità  dovrebbero essere distribuiti per fasce d’età e calibrati alle capacità di comprensione dei bambini e  delle bambine; è ovvio che ai più piccoli non parlo di relazioni sessuali ma lavoro sulla corporeità sviluppando un’immagine positiva di sé e insegnando loro a riconoscere le emozioni, imparando a gestirle. L’ educazione alle Relazioni oltre alla dimensione biologica comprende anche l’aspetto emotivo: alle elementari introduco il concetto di privacy, di rispetto del corpo proprio e altrui aiutando  i bambini e le bambine a identificare i comportamenti inappropriati e a sviluppare consapevolezza nelle relazioni amicali e affettive.»

Quali sono i messaggi che devono arrivare ai bambini? 

«Ritengo che crescere con questi percorsi significa fornire strumenti per tutelarsi meglio. Occorre sottolineare, per esempio, che dal  2015 il vocabolario svedese accoglie ufficialmente il pronome “Hen” termine che definisce appunto il  genere neutro; gli insegnanti sono formati a usarlo quando lo ritengono necessario per favorire  un’educazione inclusiva e paritaria. È quindi fondamentale introdurre iniziative, durante l’adolescenza, atte a sviluppare conoscenze relative alla sessualità per conoscere le malattie sessualmente trasmissibili (MST), la prevenzione delle gravidanze e  la responsabilità affettiva. In Italia, per esempio, sul preservativo c’è ancora molta confusione tra gli adolescenti: spesso le  ragazze rinunciano a usarlo perché spinte a farlo dai partner; In Svezia, al riguardo, c’è una maggior consapevolezza dei rischi e di conseguenza un maggior utilizzo dello stesso da parte di entrambi i sessi. Durante gli incontri sottolineo inoltre quanto anche il bullismo nasca dalla paura del diverso: quindi crescere  in una società in cui è normalizzato avere un colore della pelle diverso o non riconoscersi in un genere  specifico ci porta a diventare adulti più inclusivi. Purtroppo, è noto quanto gran parte degli adolescenti italiani impari la sessualità attraverso siti o video porno che non nascono con finalità pedagogiche bensì come forma di intrattenimento per adulti. La pornografia, in questo caso, può essere  fuorviante e nociva: i contenuti pornografici, infatti, presentano una visione distorta e irrealistica della  sessualità a volte basata su stereotipi di genere, situazioni amplificate e contenuti violenti.»

Ritiene che alle famiglie spetti il compito di educare alla sessualità i propri figli? 

« Ritengo che delegare completamente alle famiglie questi percorsi educativi non è la scelta in quanto la maggior parte dei genitori non sempre possiede gli strumenti conoscitivi adatti a formare i propri figli su un tema tanto delicato quale la sessualità; nella maggior parte dei casi i genitori hanno spesso ricevuto un’educazione parziale con un focus su questioni puramente biologiche e non sulle emozioni; inoltre molti genitori sono cresciuti con un concetto moralista di sessualità, orientato a proibire piuttosto che a spiegare. Educare alla sessualità e all’affettività nelle scuole significherebbe soprattutto promuovere la  conoscenza e la consapevolezza delle proprie emozioni per riconoscerle e imparare a gestirle; oggi più che mai alla luce delle nuove linee guida europee ritengo fondamentale garantire un percorso educativo strutturato e interdisciplinare sin dall’infanzia; attraverso lo sviluppo dell’intelligenza emotiva  le nuove generazioni imparano a riconoscere le proprie sensazioni e i propri sentimenti aumentando la  capacità affettive con l’obiettivo di favorire funzionali relazioni interpersonali. Parecchi studi  internazionali, inoltre, confermano che programmi completi di educazione sessuale come  raccomandato da UNESCO e OMS aiutano a prevenire la disinformazione e a contrastare fenomeni  come la violenza di genere e il cyberbullismo. Ecco perché diventa fondamentale formare le nuove  generazioni affinché possano fare scelte consapevoli e rispettose nella loro sfera relazionale, affettiva  e sessuale. Ribadisco quanto negli ultimi anni studi internazionali hanno evidenziato come i programmi di Comprensive Sexual Education (CSE) siano fondamentali: il loro obiettivo è quello di garantire un pieno sviluppo della capacità di apprendimento cognitivo e affettivo, di risoluzione di problemi e di compiere  scelte adeguate a essere protagoniste del proprio percorso di vita.»

Quali sono gli aspetti allarmanti in questo contesto? 

« Molte ricerche scientifiche descrivono una situazione preoccupante tra gli adolescenti  italiani: in un ampio sondaggio in un campione di 3000 studenti sono emersi i seguenti dati: 1) bassa conoscenza delle malattie sessualmente trasmissibili (MST) ignorando i concetti base di salute sessuale; 2) scarsa informazione sulla salute riproduttiva: il 60% non conosce il concetto di contraccezione segno che molti arrivano all’età adulta senza adeguata preparazione su pianificazione familiare e prevenzione; 3) utilizzo predominante di fonti di disinformazione: in effetti uno su quattro crede che la pornografia rappresenti realisticamente l’atto sessuale; quasi la metà degli adolescenti si informa online sulla sessualità non essendoci un piano nazionale di educazione alle relazioni, all’affettività e alla sessualità nelle scuole; i giovani acquisiscono informazioni fuorvianti e non  scientifiche o competenti; meno della metà degli adolescenti ha infatti ricevuto un’educazione  sessuale a scuola: questo gap formativo rende l’Italia distante dagli standard europei e mondiali sull’educazione alle relazioni, all’affettività e alla sessualità; 4) violenze e stereotipi: tra i giovani i comportamenti violenti nelle relazioni sono purtroppo comuni; il 30% dei ragazzi e delle ragazze pensa che la gelosia sia un segno d’amore e il 17% ritiene normale che in una relazione possa esserci qualche schiaffo; molti subiscono anche violazioni della privacy: il 27% subisce stalking digitale attraverso profili fake creati dal/dalla partner; 11% ha visto le proprie foto intime diffuse senza consenso. Questi dati mostrano quanto sia necessario e urgente colmare il vuoto formativo considerando che la  disinformazione rende ognuno di noi più vulnerabile: conoscere i propri diritti è quindi fondamentale per agire con consapevolezza sulla nostra tutela. Si evidenzia quindi a quanto sia importante che le scuole italiane offrano percorsi strutturati di  educazione alle relazioni, all’affettività e alla sessualità con il supporto ai Docenti di esperti medici,  psicologi, sessuologi e educatori, coinvolgendo, in sinergia tra loro, anche le famiglie e le scuole : solo  così le nuove generazioni potranno sviluppare “Life skills” emotive e relazionali utili in ogni ambito della loro quotidianità. Ritengo che promuovere questi progetti significhi, soprattutto, tutelare i diritti, prevenire ogni forma di  discriminazione e violenza per costruire una società più consapevole e inclusiva. Il mio obiettivo è di rendere l’educazione alle relazioni, all’affettività e alla sessualità una materia  scolastica e come tale prevedere l’obbligo di frequenza e lo stanziamento consequenziale di fondi  dedicati».

L’intervista è proseguita con un’ampia conversazione che ha affrontato diversi temi e aspetti rilevanti. Di seguito ne propongo una sintesi personale, divisa per temi: 

Distinguere tra sesso e genere

Roberta Manfredini, che ci ha ben illustrato il suo progetto di educazione affettiva, oltre ad offrire il suo contributo alle donne, ai carcerati ed in particolare ha maturato la consapevolezza, che pochi hanno, di intervenire nelle scuole elementari: dove ancora le mentalità sono come gli alberelli giovani che devono formare il loro tronco ed hanno bisogno di un sostegno. Chiarire la diversità di genere e chiarire che siamo noi a decidere di dare il consenso agli altri di trattarci in un determinato modo. La diversità di genere tra maschile e femminile è un tema complesso che coinvolge aspetti biologici, culturali, psicologici e sociali. Per comprenderla appieno, è utile distinguere tra “sesso” e “genere”: diversità di sesso è quella branchia che riguarda le caratteristiche biologiche e fisiologiche che distinguono maschi e femmine, come cromosomi, ormoni e anatomia riproduttiva; la diversità di genere, invece, si riferisce ai ruoli, comportamenti, attività e attributi che una società considera appropriati per uomini e donne. Queste sono costruzioni sociali che variano tra culture e nel tempo. Esistono due principali approcci per spiegare le differenze tra maschile e femminile: l’essenzialismo sostiene che le differenze di genere sono innate, universali e immutabili; il costruttivismo sociale, che afferma che tali differenze sono il risultato di influenze culturali e sociali, e quindi possono cambiare nel tempo e tra le società. Fin dall’infanzia, le persone vengono spesso esposte a stereotipi di genere che influenzano le loro percezioni e comportamenti. Ad esempio, le donne possono essere viste come più emotive o adatte alla cura domestica, mentre gli uomini come più razionali o orientati alla leadership. Questi stereotipi possono limitare le opportunità individuali e perpetuare disuguaglianze. I ruoli di genere sono i comportamenti e le responsabilità che una società attribuisce a uomini e donne. Tuttavia, molti studiosi sottolineano che tali ruoli sono flessibili e possono evolversi con il cambiamento delle norme sociali. Comprendere la diversità di genere richiede un’analisi attenta delle interazioni tra biologia, cultura e individualità. Riconoscere e rispettare le varie identità e espressioni di genere è fondamentale per promuovere una società inclusiva e equa. La Roberta Manfredini mi ha raccontato che quando interviene nelle classi delle scuole elementari propone agli alunni un breve questionario, per capire cosa hanno assimilato per diversità di genere: ad esempio, ancora molti bambini vedono il rammendare il letto come un compito da donne, perché vedono che in casa di questo se ne occupa la mamma, ma è bene educare all’indipendenza fin da subito, perché da adulti, in una relazione di coppia, questo potrebbe scatenare problemi di convivenza. Entrando nel dettaglio la diversità di genere si riferisce al riconoscimento e alla valorizzazione delle differenze tra le identità e le espressioni di genere, andando oltre la tradizionale distinzione binaria tra uomo e donna. Questo concetto include le persone transgender, non binarie, genderqueer e tutte le identità che non rientrano rigidamente nelle categorie maschile e femminile. Si tratta del senso interno e profondo di essere uomo, donna, entrambi o nessuno dei due, e può non coincidere con il sesso assegnato alla nascita. Se invece di parla di espressione di genere, allora si fa riferimento a ciò che riguarda il modo in cui una persona manifesta il proprio genere attraverso l’aspetto, il comportamento, l’abbigliamento, ecc. Rimane poi l’orientamento sessuale distinto dalla diversità di genere e riguarda l’attrazione affettiva o sessuale verso altre persone. Il parlarne nelle scuole elementari, come mi ha spiegato Roberta Manfredini, attraverso un percorso di educazione alle Relazioni, proposto come evento annuale, prepara i ragazzi agli affetti e alla sessualità; favorisce l’inclusione e il rispetto dei diritti umani; combatte i pregiudizi e discriminazioni, come la transfobia o la misoginia; Promuove una società più giusta, equa e rispettosa delle diversità. Quello che l’ha portata a maturare questa scelta di interventi diretti alle scuole elementari è stato di aver notato come buona parte dei programmi didattici proposti nella Scuole di ogni ordine e grado generino forti condizionamenti attraverso buona parte di libri scolastici adottati che tendono a dare una predominanza delle figure maschili rispetto a quelle femminili che hanno comunque assunto ruoli importanti nella storia, spesso non sono neanche citate. Questo potrebbe invece far capire alle bambine che anche loro possono rivestire un ruolo da leader. Come direbbe Ugo Foscolo le spingerebbe ad “Egregie azioni”.

Le donne che hanno lasciato la loro impronta nella storia

Roberta Manfredini mi ha ricordato Maria Curie, che ha sacrificato il suo credo a favore della scienza ed è stata la prima donna a vincere un Premio Nobel e l’unica ad averne ricevuti due in due discipline diverse: per la Fisica e poi per la Chimica. Rimasta nella storia come simbolo di determinazione femminile nel mondo della scienza. Rita Levi-Montalcini, una neurologa e senatrice a vita, che ha vinto il premio Nobel per la Medicina nel 1986 per le sue scoperte sul fattore di crescita nervoso (NGF); Tina Anselmi, la prima donna a ricoprire la carica di ministro in Italia (Ministra del Lavoro nel 1976), ex partigiana e tra le protagoniste dell’introduzione del Servizio Sanitario Nazionale. Nilde Iotti, la prima donna presidente della Camera dei Deputati, figura centrale nella Costituente e nella politica italiana del dopoguerra; Grazia Deledda scrittrice sarda, vincitrice del premio Nobel per la Letteratura nel 1926. È tuttora l’unica donna italiana ad aver ricevuto questo riconoscimento; Margherita Hack, astrofisica e divulgatrice scientifica, ha dato un contributo fondamentale allo studio delle stelle e alla diffusione della cultura scientifica in Italia. Ma si può citare anche Giuseppina di Beauharnais nota come la moglie di Napoleone Bonaparte, che non fu solo sua moglie, ma lo ha anche accompagnato nelle sue battaglie; una figura affascinante, intelligente e complessa, che ebbe un ruolo importante sia nella vita privata che nella carriera pubblica dell’imperatore. Una donna elegante, raffinata, e molto amata a corte, figura di grande influenza, soprattutto nei primi anni del Consolato e dell’Impero. Ebbe un ruolo importante nel mondo della moda e del gusto del tempo. Visse gli ultimi anni nella residenza di Malmaison, amata per i suoi giardini e la tranquillità. Nel mondo dello sport quasi nessuno ricorda la prima donna calciatrice Nadia Comăneci, una delle più grandi leggende della ginnastica artistica mondiale. Una donna che ha rivoluzionato lo sport con il suo talento, la sua grazia e la sua perfezione tecnica. I momenti salienti della sua carriera si possono riassumere in: Olimpiadi di Montréal 1976: a soli 14 anni, Nadia ottenne il primo “10 perfetto” della storia della ginnastica artistica alle Olimpiadi. Ne seguirono altri sei durante la stessa edizione dei Giochi. Divenne l’icona mondiale della perfezione e una delle atlete più giovani e celebrate del suo tempo. Vinse tre medaglie d’oro, una d’argento e una di bronzo a Montréal. La sua fama fu tale che persino la scoreboard olimpica non era preparata a visualizzare un “10.00” e mostrò “1.00”. Alda Merini che oggi ricordata come simbolo della resilienza femminile; della potenza della poesia come via di salvezza; della denuncia della sofferenza psichiatrica e della disumanità degli istituti del tempo. Un’altra figura simbolo nella storia dei diritti delle donne in Italia è Franca Viola: diventata un’icona dell’emancipazione femminile e della lotta contro la violenza di genere. Nel 1965, a soli 17 anni, fu rapita e violentata da Filippo Melodia, un ex fidanzato legato alla criminalità organizzata. All’epoca, la legge italiana prevedeva che un uomo potesse evitare il carcere sposando la sua vittima, grazie al cosiddetto “matrimonio riparatore” (articolo 544 del codice penale). Franca, con il sostegno del padre Bernardo, rifiutò di sposare il suo aggressore, diventando la prima donna italiana a opporsi pubblicamente a questa pratica. Il suo gesto coraggioso portò al processo e alla condanna di Melodia e dei suoi complici. La vicenda suscitò un ampio dibattito nazionale e contribuì, anni dopo, all’abolizione del matrimonio riparatore nel 1981. Nel 2014, è stata insignita dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per il suo coraggio e il suo contributo al cambiamento sociale. Queste sono nozioni storiche che devono essere colmate, spiega Roberta Manfredini, «chi entra nella nostra vita la deve arricchire» e questo poi si dirama come concetto anche all’interno di un rapporto di coppia, in cui una donna, anche se innamorata si deve chiedere se quel partner la sta arricchendo o no.” Qui entra in gioco anche tutto quello che concerne il rispetto e la dignità. Roberta Manfredini ha seguito e segue molte donne che pur vivendo una relazione critica non hanno la forza di stroncarla: in quanto non hanno un lavoro e se trovano il coraggio all’inizio devo adattarsi in case di accoglienza, in cui la convivenza non è per niente facile e molte si isolano nella loro camera, anche per non far vedere e sentire quanto non condividono ai loro figli, come può anche solo essere l’utilizzo di un linguaggio volgare da parte di altre donne ospiti. Al giorno d’oggi sempre più istituzioni, scuole, aziende e organizzazioni si stanno impegnando a creare ambienti gender-inclusive, dove ogni persona possa sentirsi accettata e valorizzata per ciò che è.

Cosa dice la legge in merito alla diversità di genere

Un altro aspetto importante è quello informativo, perché viviamo in un paese in cui la legge non ammette ignoranza e deve essere conosciuta ed insegnata nelle scuole. In Italia, la legislazione sulla diversità di genere ha compiuto significativi progressi negli ultimi decenni, affrontando sia il riconoscimento dell’identità di genere sia la promozione dell’uguaglianza tra i generi in vari ambiti della società. La Legge n. 164 del 1982 ha introdotto la possibilità per le persone transgender di rettificare il proprio sesso anagrafico. Inizialmente, questa legge richiedeva un intervento chirurgico per ottenere la modifica dei documenti ufficiali. Tuttavia, la sentenza n. 221/2015 della Corte Costituzionale ha stabilito che l’intervento chirurgico non è più un requisito indispensabile, riconoscendo il diritto all’identità di genere come parte integrante dei diritti fondamentali della persona. Successivamente, la sentenza n. 143/2024 della Corte Costituzionale ha ulteriormente semplificato il processo, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma che richiedeva l’autorizzazione del tribunale per l’intervento medico-chirurgico, qualora le modificazioni dei caratteri sessuali fossero già sufficienti per la rettifica anagrafica. Il Decreto Legislativo 150/2011 offre protezione contro le discriminazioni sul luogo di lavoro, estendendo le tutele anche all’identità di genere. Questo significa che le persone transgender possono ricorrere legalmente in caso di discriminazioni professionali legate alla loro identità di genere. Inoltre, a partire dal 2020, la terapia ormonale di affermazione di genere è stata inserita tra i trattamenti erogabili a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale, rendendo più accessibili le cure necessarie per le persone transgender. L’Articolo 3 della Costituzione Italiana sancisce il principio di uguaglianza, affermando che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Per promuovere l’uguaglianza di genere, la Legge 12 luglio 2011, n. 120 (nota come “Legge Golfo-Mosca”) ha introdotto l’obbligo per le società quotate in borsa di garantire una rappresentanza equilibrata di genere nei propri organi di amministrazione e controllo. Questa legge è stata successivamente estesa anche alle società pubbliche non quotate. L’importante da non sottovalutare, sottolinea Roberta Manfredini è la certezza della pena e anche in campo di giustizia riparativa, davanti ad alcuni crimini non è fattibile, ma è piuttosto da selezionare ad alcune realtà. Anche la stampa, molto spesso dà notizie generando e creando diffamazione e nel dare certe notizie bisogna avere anche competenze criminologhe e sentire gli esperti. Ad esempio e una ragazza esce di sua spontanea volontà con un uomo non lo teme e quell’uomo non può farle stalking, perché chi lo subisce ha un’enorme paura, non uscirebbe mai da sola con lui.

I giovani sui social e il ruolo delle famiglie

Non promuovendo percorsi di educazione alle Relazioni, all’affettività e alla sessualità non si cresce rispettando e amando il proprio corpo e i social spingono molto alla pornografia. Molti minorenni hanno profili con falsi nomi da cui i genitori sono bloccati e le foto che pubblicano sono fortemente pornografiche e loro appaiono di un’età maggiore a quella che hanno traendo in inganno. Questo le può mettere in grave pericolo. Con un percorso alla sessualità possono anche capire che sono loro a dare il consenso e se non vogliono fare una cosa si devono opporre. I genitori nell’educazione devono evitare di far fare qualcosa ai loro figli quando non vogliono, ma devono accompagnarli a ragionare, altrimenti poi di dirama in loro una convinzione al dover fare quello che altri chiedono pur non volendo. Questo tema del consenso è molto dibattuto e ci sono molti tabù nell’educazione femminile, come addirittura non si parla dell’esistenza del preservativo femminile, che eviterebbe non solo malattie, ma anche interruzioni di gravidanze. Anche in questo si nota una disparità di sesso che deve essere superata. Le bambine devono sentirsi nelle stesse condizioni dei bambini, ma già proponendo loro dei test si capisce che anche nella fascia d’età in cui si frequentano le scuole elementari tanta disparità è già fondata nella loro mentalità.

Roberta Manfredini riceve a Pavia in via Pietro Nenni 70/A mail: roberta@studiopsico.com

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