La tradizione del presepe è francescana

La tradizione del presepe è francescana

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

 

San Francesco d’Assisi è stato l’ideatore del presepe per ricreare l’atmosfera di Betlemme durante la Santa Notte e per coinvolgere emotivamente il popolo.

Giotto (attribuito) affresco, scena del Natale, Basilica Superiore di San Francesco, Assisi.

Giotto (attribuito) affresco, scena del Natale, Basilica Superiore di San Francesco, Assisi.

Nel 1223 San Francesco d’Assisi, durante la celebrazione della Santa Messa aveva messo in scena la nascita di Gesù attraverso una messinscena caratterizzata da un parlato e una gestualità semplice, colloquiale, “di piazza”. Frate Francesco aveva ricreato la notte Santa sotto forma di melodramma, cioè di, «dramma teatrale in versi per canto e accompagnamento musicale». (M. Cortelazzo, P. Zolli, Dizionario Etimologico della lingua italiana, lemma Melodramma, 3/ I-N). Questo avvenimento è stato oggetto di scalpore e di studio, non solo la scena è stata riprodotta nel ciclo pittorico di Giotto, nella Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi, ma anche studiosi si sono espressi in merito a quel momento, come, ad esempio il Bonaccorsi che ha affermato: «Non v’ha dubbio che la consuetudine, tra noi così comune, di esporre ogni anno sotto gli occhi dé fedeli in forme plastiche la Natività del Signore, debba ricercarsi soprattutto da S. Francesco e da’ suoi frati. Tuttavia egli non fu il primo inventore di quella pia usanza; giacchè, come si è detto, uno dei più frequenti soggetti dei Misteri del Medio Evo, -che fiorivan già a’ tempi di s. Francesco (1226) e prima- era appunto la Natività di Cristo. E se non proprio un presepio nel senso moderno della parola, almeno qualcosa pur di molto simile era già fin dà tempi antichissimi e si trova, per esempio anche nell’Oratorium praesepii di S. Maria Maggiore». Hager, sulla scorta del Thode e del D’Ancona conclude: «Fino a questo punto il presepio si era già sviluppato nei drammi di Natale del Nord, allorchè S. Francesco d’Assisi nell’anno 1223 fece la sua celebrazione del Natale, diventata tanto celebre. (…) Questa calebrazione del Natale, non è altro che un Mistero ecclesiastico, il primo in Italia» (Cfr., A. Terzi, Nella selva di Greccio nacque il presepio plastico). Nelle Fonti Francescane di Tommaso da Celanosi sono riportate le parole pronunciate da Frate Francesco durante la Sacra rappresentazione del Natale: «Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno fra il bue e l’asinello» (1 Cel., 84: FF 468). «Quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi, parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di amore celeste lo chiamava il Bambino di Betlemme, e a quel nome Betlemme lo pronunciava riempendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva Bambino di Betlemme o Gesù, passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole» (1 Cel., 86: FF 470). A testimoniare il primato di San Francesco è il permesso ottenuto dal papa: «perchè questo non venisse scritto a desiderio di novità, chiese ed ottenne prima il permesso del sommo Pontefice» (san Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda maggiore X, 7: FF 1186). Una novità per ricreare, come su un palco, con tecnica scenografica, la stessa atmosfera di Betlemme: «Greccio è divenuto come una nuova Betlemme» (1 Cel., 85: FF 469). Una sera in cui era stato possibile rivivere, ricreare, ripetere e festeggiare un’episodio di salvezza rivolta a tutto il creato, infatti si narra che: «Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia» (1 Cel., 86 : FF 470). «Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano dei cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia». (1 Cel., 86 : FF 470).

 

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